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AZIENDA AGRICOLA LA BASIA

C’era un silenzio che sapeva assolutamente di natura.
E io guardavo il filare davanti, nella conca, e il resto del vigneto ordinato; poi gli alberi sparuti e ancora filari, sugli appezzamenti più in là, rettangoli spaiati in altezza e distanza; ancora curve e alberi, poi il bosco sul monte all’orizzonte. Tutto di verde vestito, scintillante o rabbuiato, intenso, scuro o metallico; verde di prato irlandese primaverile e verde lontane che sfumava d’azzurro. Il profumo del sole caldo mi stava intorno alla testa e tutta quella luce mi illuminava uno scenario non vasto, ma sorprendentemente articolato pensando che, di fatto, era solo di verzura e qualche tronco composto. Era proprio lo spettacolo della terra lasciata libera, gli alberi, o compresa ed educata all’ordine, i filari.
Sentivo lo sguardo di Giacomo spiarmi, lì dall’angolo, e sorridere, quando voltandomi gli dicevo “Che spettacolo!”. Mi pareva di cogliere allora sul suo viso l’orgoglio di un’anima attaccata alla propria terra, quando incontra un qualcuno che condivida lo stesso pensiero di bellezza su quella natura. In quell’impressione di un secondo realizzavo appieno i discorsi appena fatti sul modo di lavorare e di condurre l’azienda attraverso l’agricoltura, l’allevamento, la vinificazione. Tutto parte da un sentimento, imprescindibile: l’amore per il proprio territorio. Lì stanno le radici.
Che poi si viaggi avanti e indietro per l’Europa e San Francisco, è un risultato, non una partenza. L’obiettivo centrato, mi pareva di cogliere, è quello di aver assecondato il desiderio di una persona cara e averlo fatto proprio. Il desiderio era legato a queste colline, al vigneto su cui la generazione appena precedente spendeva una certa fatica e alla voglia di volerlo rivedere risplendere rigoglioso.
La Basia [con l’accento sulla prima a] è proprio il calice da cui si bevono i sogni. Scoprivo lì come si pronuncia il nome, mentre Giacomo indicava il terreno a conca e diceva “Come dalle vostre parti si dice bàsla”. Il contenitore fondo, la zuppiera, il recipiente con dentro una quantità di cose… Ce n’erano tante, davvero, lì da guardare, di cose. I sassi del terreno morenico e i grappoli spargoli del rebo; le reti contro la grandine e il prato dell’erba medica; gli olivi sparsi a filari, le pannocchie piccole del granturco locale, l’acqua che scorreva sorgiva; i cavalli e i cavalieri, la tavolata d’amici, il panorama sul lago, le bottiglie aperte e versate. I sorrisi delle persone e il discorrere del vino come di un amico lì seduto con noi.
C’era da vedere, alla Basia, la passione e il cuore.

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TERROIRVINO 2014: La Basia e Guccione

VGM Tour, Novellara

 

AZIENDA AGRICOLA LA BASIA

La curiosità prima, devo ammetterlo, l’idea con cui partire all’esplorazione del TerroirVino. Già un appuntamento mancato mi aveva alzato il volume del desiderio di provare questi vini.
Così, veleggio innanzitutto verso le onde del Garda bresciano, ancora terra di Lombardia, giusto per darci un vago miraggio del mare che ci manca. Puegnago non è un nome che si fa ricordare facilmente. É pure un po’ complicato da pronunciare, mi fa scivolar via la lingua su tutto il palato.
Come invece sono precisi i vini che vi si fanno, gusti che si ricordano e a cui si vorrà di certo tornare.
Conosco a questo banco Giacomo, uno dei motori che fanno girare l’azienda. Un piacevole incontro con una persona appassionata, tecnica quanto basta e quanto serve, entusiasta di raccontare. Come amo questo modo di descrivere la propria realtà! Senza prevaricare le altre idee, senza dover sbandierare per forza una superiorità unicamente a fini commerciali, ma semplicemente con la voglia di parlare per far scoprire. Indubbiamente è stata una bella scoperta.

CHIARETTO LA MOGLIE UBRIACA 2013
Fa strano, a me personalmente e non so a chi altri, leggere quest’annata sulle etichette: perchè mi sembra solo ieri e, invece, c’è già bell’e pronto un vino! Strano mi sembra pure che delle uve così notoriamente intense e di colore e di struttura riescano a dare un brillantissimo bicchiere come questo. 60% Groppello e poi un 40% di Barbera, Sangiovese, Marzemino per una sfumatura luminosissima di rosa. Qui, nel 2013, è proprio divertente sentire una brezza marina che spira attraverso la pineta e porta una scorta di aromi balsamici. Tutto è molto lieve, certo, delicato ma proprio ben equilibrato, messo lì a puntino. Il sapido dei terreni, la nota accennato dell’eucalipto, il fruttino rosso molto croccante… Bello e buono!

CHIARETTO LA MOGLIE UBRIACA 2012
Più che un cronologico passo indietro è un cronologico gradino in basso: proprio nel senso che si scende più in profondità. Il fruttino è più maturo, il sorso è più rotondo. La sapidità di base resta sempre presente ed elegante, con un tono più rosso: ciliegia piuttosto che ribes. Il naso segue questo andamento più adulto e non è più la brezza tra gli alberi, quanto l’aria più calma del lago, con profumi più concentrati e già invitanti al desco più che all’aperitivo.

GROPPELLO LA BOTTE PIENA 2012
Intanto, da collegarsi alla precedente etichetta, chapeau a quest’intuizione proverbiale: come potrete mai separare i due vini in questione, nella vostra cantina?
Siamo qui di fronte a questo emblema della zona lombarda del Benaco: ma quanto mai sconosciuto! Credo proprio sia uno di quei vitigni, il signor Groppello, da conoscersi nel bicchiere prim’ancora che sui testi e sulle guide. Perchè non ti viene di andare a cercarlo, di fianco a nomi blasonati e un po’ gridati, in giro per l’Italia; il che sarebbe proprio un bell’errore, perchè ha un suo caratterino particolarissimo e invitante.
Qui abbiamo cinque giorni di macerazione, contro le poche ore del Chiaretto, e una composizione così elaborata: Groppello 85%, Barbera, Sangiovese e Marzemino 15%. Il che permette, racconta Giacomo, di preservare tutta quella bella carica aromatica del Groppello, ma di contenerlo un pochino nella sua esuberanza, specie tannica, attraverso quegli altri vitigni più adulti. Una verve briosa di pepe e di spezie fresche. Sia al naso che al palato offre le note amare del cacao e in bocca un certo tannino asciugante che si presta bene al piatto di lago in guazzetto.

GROPPELLO LA BOTTE PIENA 2011
Scenario diverso, con un attore che rimane in palcoscenico: il pepe. Ma la spezia è più ovattata, più lieve il suo sentore, avvolta come in un panno leggero di velluto. Il tannino è più morbido ed equilibrato. Ha un che di mediterraneo, questo vino, quasi a tornare deciso sul paragone tra il mare e il Garda: una bella sensazione di calore e una nota evidente di succo di frutto scuro, un sapore concentrato.

ROSSO SUPERIORE ESTATE DI S. MARTINO 2007
Che bel color granato, inclinando questo bicchiere! Direi che tendiamo proprio alla serietà, ormai! Dentro questo nuovo assaggio abbiamo questa nuova composizione: Groppello 50%, Barbera, Sangiovese e Marzemino 50%. L’insieme di uve classico della Valtenesi per produrre un rosso con tanto di passaggio in botte. Molto interessante, perché esprime un insieme di aromi ampio e bilanciatissimo. Il frutto è ormai maturo, rosso scuro o viola: la prugna, la mora; c’è ancora, sempre presente, la spezia, che si fa piuttosto potente: il pepe si fonde alle erbe officinali, in un bel girdino assolato. L’assaggio ha come sfondo una bellissima dolcezza da agrume maturo, l’arancia rossa. Considerando che fuori delle vetrate c’è davvero il mare, mi lascio trasportare col pensiero fino al mediterraneo francese per ritrovarne un’idea in questo vino un po’ di collina, un po’ di lago.

PREDEFITTE 2008
Approdiamo, infine, alla rarità piuttosto particolare. Un vino composto da un incrocio inconsueto: il Merlote il Teroldego che vanno a dare vita, nel corso degli anni ’30, al Rebo. Un vitigno assolutamente locale e di interessante approccio. Una struttura più importante rispetto al Groppello, una polpa molto ricca e tannini dolci. Quest’ultima sensazione è inequivocabile nel bicchiere, una nota come di spolverata di zucchero a velo emerge tonica al naso. Le lunghe macerazioni, sull’ordine dei quindici, venti giorni, ne fanno un vino più fondo al colore, più intenso al palato. Leggera la speziatura che, comunque, emerge insieme al sentore agrumato: il dolce della polpa e l’amaro della scorza che si fonde ad una profonda vena ferrosa, una punta ematica di ruggine. Sul finire, il cacao.


FRANCESCO GUCCIONE

Mi sposto poi rapido attraverso tutta l’Italia. Con una specifica richiesta sulle spalle e mosso, sempre e comunque, da non poca curiosità, approdo sulle rive di Francesco Guccione, mastro di vigna e di cantina in quel triangolo assolato che è la Sicilia.
Ripropongo qui i rapidi cenni del mio taccuino: era, purtroppo, già tarda l’ora e la chiacchierata si è dovuta rimandare. Testimoni, però, di essermi presentato al banco. E gli assaggi sono stati strepitosi! Gli alcol, nella media rimangono piuttosto bassi, sui 12.5/13 gradi: sono tutta struttura ed estratto quelli che fanno il vino.

TREBBIANO T 2012
Praticamente un Trebbiano autoctono, testimoniato in contrada Cerasa fin dal 1400.
Morbidissimo e quasi vagamente zuccherino nel finale: mi aspettavo un pugno roccioso e assaggio invece un petalo delicato.

CATARRATTO C 2012
Naso con pronunciata anima minerale. Bocca di fiore giallo, sabbia calda. Retronasale di scorza di agrume amaro. Praticamente un omaggio all’isola che lo produce!

ROSSO DI CERASA B 2012
Nerello Mascalesee Perricone: uno strano connubio che assume una veste tutta tradizionale in famiglia Guccione.
Un naso quasi vanigliato, morbido, di tendenza aerea; ricorda le piante giovani, le foglie e i rami flessuosi. Come fosse stato vinificato all’aria fresca di montagna, all’aperto. Si fonde molto bene la nota di dolcezza dell’arancia rossa insieme alla verve della sua scorza. E in fondo, all’antipode di quell’aria respirata in partenza, si rimettono i piedi a terra per trovare il frutto bruno, la radice, la terra, appena un accenno di liquirizia.

PERRICONE P 2012
Naso smaccato di arancia sanguinella. Tannino piuttosto pronunciato, ma sempre equilibrato. Una assoluta idea di maturità, in questo ragazzino di soli due anni!

NERELLO MASCALESE NM 2012
Un naso tutto sfumato di scarlatto e smeraldo. Frutto rosso e una nota vegetale appena accennata, di foglia verde. L’agrume qui si fa più dolce e lascia immaginare il mandarino. Un grip da frenata secca sull’asfalto nuovo, invece, alla bocca: pronto per piatti estremamente succulenti, con un tannino davvero deciso ma straordinariamente non invasivo, che sembra anzi quasi dolce di zucchero caramellato.