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Alla Scoperta del Vino – GENNAIO 2020

2020_01_Alla Scoperta del Vino

DOVE / COME / QUANDO

SOMMELIER SOCIAL CLUB
NERVIANO
Piazza Crivelli 1

4 Incontri settimanali dalle 21.00 alle 23.30 circa

MERCOLEDI 8 – 15 – 22 – 29

16 Vini appositamente selezionati in degustazione 

Materiale didattico

Gadget del Sommelier Social Club

Partecipazione € 100,00
Acquista qui il tuo posto!

Partecipa al corso e inizia un viaggio di scoperte e di sorprese!

La vite e l’uva… Il prodigio della fermentazione… Gusto naturale VS Gusto convenzionale… Cosa cercare nel calice e come raccontarlo…
Tutto quello che avete sempre voluto sapere sul VINO, ma non avete mai osato chiedere, finalmente potrà essere svelato nelle serate Alla Scoperta del Vino!
Il corso è aperto a tutti i curiosi, senza necessità di una conoscenza di base: anzi, partire da zero è la cosa migliore per imparare!

Corso Base – il programma degli incontri

I 4 incontri settimanali della durata di almeno 2 ore e mezza prevedono la degustazione di 16 vini in totale.
Ogni partecipante riceverà il materiale informativo, redatto sugli argomenti discussi ogni sera, e gli utili gadget del Sommelier Social Club.
 
Prima Puntata
Che cos’è il vino
Per fare il vino ci vuole l’acino
Vino, vitigno, vigneto
Vinificazione: Bianco, Rosato, Rosso, Metodo Classico
Degustazioni: 4 vini in degustazione
 
Seconda Puntata
Vinificazione: Metodo Charmat, Ossidativi, Liquorosi, Passiti
Approccio alla degustazione: anche l’occhio vuole la sua parte
Degustazioni: 4 vini in degustazione
 
Terza Puntata
I vitigni internazionali
La questione del naturale e del convenzionale
Approccio alla degustazione: ci vuole fiuto e palato fine
Degustazioni: 4 vini in degustazione
 
Quarta Puntata
I vitigni autoctoni
Itinerario enografico italiano
Consigli per gli acquisti
Degustazioni: 4 vini in degustazione
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VINO: un lungo viaggio

Storia del Vino

DOVE / COME / QUANDO

SOMMELIER SOCIAL CLUB
NERVIANO
Piazza Crivelli 1
Venerdi 25 Ottobre
ore 21.00
Ingresso € 35,00

L’estrema sintesi del millenario viaggio della vitivinicoltura.
Sei degustazioni per scandire sei tappe fondamentali della storia del vino: che vuol dire la storia dell’evoluzione umana!

LA DEGUSTAZIONE
COMING SOON



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    Corso di Approfondimento al Vino – Vitigni Autoctoni Rossi

    Alla Scoperta del Vino 2 - Sommelier Social Club

    DOVE / COME / QUANDO

     

    SOMMELIER SOCIAL CLUB
    NERVIANO
    Piazza Crivelli 1
    dalle 21.00 alle 23.30 circa
    MARZO: Martedi 12 – 19 – 26
    APRILE: Martedi 2
    A persona € 120,00

    Attraverso l’Italia, alla scoperta dei vitigni rossi fondamentali

    Un passo in più lungo il coinvolgente percorso che ci porta ad avvicinare e approfondire questa splendida terra di tesori che è il pianeta vino. Andiamo a scoprire i principali vitigni autoctoni a bacca nera, attraverso il racconto delle diverse aree geografiche in cui si coltivano e, soprattutto, attraverso la degustazione dei vini che se ne producono!


    Corso di Approfondimento – Il programma degli incontri

    4 incontri settimanali della durata di almeno 2 ore e mezza, degustazione di 16 vini rossi in totale.
    Ogni partecipante riceverà il materiale informativo, redatto sugli argomenti discussi ogni sera, e gli utili gadget del Sommelier Social Club.
     
    Prima Puntata
    Nel grande regno del Sud: Aglianico
    Degustazioni: 4 vini rossi da uve Aglianico in degustazione
     
    Seconda Puntata
    Coast to Coast lungo il Po: Barbera
    Degustazioni: 4 vini rossi da uve Barbera in degustazione
     
    Terza Puntata
    Dagli Appennini alle vigne: Sangiovese
    Degustazioni: 4 vini rossi da uve Sangiovese in degustazione
     
    Quarta Puntata
    Con lo sguardo alle Alpi: Nebbiolo
    Degustazioni: 4 vini rossi da uve Nebbiolo in degustazione

    IN SINTESI

    4 Incontri settimanali della durata di 2 ore e mezza

    16 Vini Rossi da vitigni autoctoni in degustazione

    Materiale didattico

    Gadget del Sommelier Social Club



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      Alla Scoperta del Vino – Gennaio 2019

      DOVE / COME / QUANDO

      SOMMELIER SOCIAL CLUB
      NERVIANO
      Piazza Crivelli 1
      LUNEDI 7 – 14 – 21 – 28 GENNAIO
      dalle 21.00 alle 23.30 circa
      A persona € 100,00

      La vite e l’uva… Il prodigio della fermentazione… Gusto naturale VS Gusto convenzionale… Cosa cercare nel calice e come raccontarlo…
      Tutto quello che avete sempre voluto sapere sul VINO, ma non avete mai osato chiedere, finalmente potrà essere svelato nelle serate Alla Scoperta del Vino!
      Il corso è aperto a tutti i curiosi, senza necessità di una conoscenza di base: anzi, partire da zero è la cosa migliore per imparare!

      Il REGALO perfetto per ogni curioso del vino!

       

       

      IN SINTESI

      4 Incontri settimanali della durata di 2 ore e mezza

      16 Vini in degustazione appositamente selezionati

      Materiale didattico

      Gadget del Sommelier Social Club



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        Alla Scoperta del Vino #2

        DOVE / COME / QUANDO

        SOMMELIER SOCIAL CLUB
        NERVIANO
        Piazza Crivelli 1
        MARTEDI 26 GIUGNO
        MARTEDI 3 – 10 – 17 LUGLIO
        dalle 21.00 alle 23.30 circa
        A persona € 100,00

        La vite e l’uva… Il prodigio della fermentazione… Gusto naturale VS Gusto convenzionale… Cosa cercare nel calice e come raccontarlo…
        Tutto quello che avete sempre voluto sapere sul VINO, ma non avete mai osato chiedere, finalmente potrà essere svelato nelle serate Alla Scoperta del Vino!
        Il corso è aperto a tutti i curiosi, senza necessità di una conoscenza di base: anzi, partire da zero è la cosa migliore per imparare!

        IN SINTESI

        4 Incontri settimanali della durata di 2 ore e mezza

        16 Vini in degustazione appositamente selezionati

        Materiale didattico

        Gadget del Sommelier Social Club

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        BARBARA AVELLINO: oltre l’Oltrepo’

        Guardavamo il trattore che sparava il suo fumo sul vigneto. Bianche nuvole aeree in un mare verde di smeraldo. Noi stavamo sul pendio di fronte e lo seguivamo senza che i vapori ci toccassero il naso o la gola. Non sapevamo cosa fosse in atto di preciso, laggiù, ma poco ci importava: avevamo i piedi sull’erba, noi, e l’erba alta era anche tra i filari e tutt’intorno alle viti. E tutto quel prato era bello a vedersi, come può esserlo il sole in una giornata di primavera. Il trifoglio era davvero gigante, pensavo, con i suoi fiori purpurei a palloncino. Poi, altre erbe alte e carnose, con fiori gialli in cima, ancora chiusi. Ogni erba la sua funzione, stava spiegando Barbara, che ci portava in giro serena ed entusiasta, come una vera padrona di casa che conosca il valore di ciò che mostra ai propri ospiti.

        Le viti avevano quell’ordine classico e cadenzato, che sempre emoziona e lascia pensare che non possa essere spontaneo il lavoro della viticultura. E’ cultura, di fatto, e con ciò si esprime il concetto di un progetto ben definito e portato avanti nel tempo con rispetto e precisione. Anche tutte quelle erbe non parevano davvero spontanee: perché di ognuna c’era una ragione, un vantaggio per qualcosa o un deterrente contro qualcos’altro. Il terreno, intanto, non può fare a meno delle erbe, considerando quelle pendenze e le piogge che avevano innaffiato fino a un paio di giorni avanti. Non che si parli di montagna impervia, intendiamoci. Eppure, dura una certa fatica l’andar su e giù per quei filari e la via che con l’auto ci aveva portato qui appariva sempre più stretta e tortuosa, inerpicandosi sul fianco di colline che sembrano troppo numerose per uno spazio simile. Tutto è verde qui. Come l’Irlanda, pensavo. A tratti, dove il legno appariva più protagonista, era il segno della gelata di pochi giorni prima. Le foglie, avvizzite e accartocciate, erano una polvere tenuta insieme dall’aria soltanto; e i tralci, sottili tratti d’inchiostro di una penna quasi ormai esaurita. Le acacie, anche, là in fondo come una quinta a chiudere il palcoscenico della vite, erano in piedi secche e puntute, con quei loro rami grifagni a indicare un cielo avverso, i fiori appena apparsi e appesi ora come inutili vestigia. Così che, per quest’anno miele di acacia non se ne vedrà. E ancora bisognerà dirsi fortunati se le acacie risorgeranno dal gelo, il prossimo anno.

        La voce di Barbara illustra la natura in maniera coerente, un cicerone che ne sappia recitare il libretto di istruzioni e lo spieghi agli ignoranti. Tutto diviene semplice e praticamente ovvio. Meglio l’inerbimento al brullo tra i filari, perché i parassiti trovano un filtro prima di arrivare ad attaccare la vite; meglio la lotta integrata alla chimica, perché il ciclo naturale viene rispettato e non si introducono elementi avversi alla pianta e all’uomo; meglio le api a impollinare le piante che una qualsiasi selezione clonale. Il giallo delle api era un colpo accelerato in tutto quel lento verde. Il frenetico brusio di quelle ali trasparenti, una fretta quasi stonata in quel placido panorama silente. Stavano tutte ammonticchiate dentro quelle loro casette colorate, non rosse e non nere, i colori che hanno eletto insopportabili. Ronzavano come un motore elettrico quelle rimaste orfane di regina e che presto ne avrebbero dovuto accudire una nuova. Danzavano sciamaniche le esploratrici rientrate di missione, ad indicare la via del cibo alle residenti. Volavano leggere e precise le bottinatrici, nell’aria luminosa e tiepida, a raccogliere nettare per la dispensa. E fremevano tutte le altre, addossate contro i loro pannelli di cera, a depositar miele, a chiudere celle, ad aprire, accudire, rodere e pulire: non c’è mai tregua in un alveare. E la regina col suo puntino bianco è una piccola torcia che cammina continuamente sopra le celle vuote e deposita uova e ingrandisce la famiglia. Si potevano alzare i pannelli, scuoterli per osservare il lavoro e il miele al di sotto: le api ronzavano via come una nube scura e sparpagliata e vi ritornavano in un momento, calamite attratte dal magnete della propria casa. Come astronauti stavamo a guardarle dappresso, con quelle mascherone di rete fitta e le casacche ampie e bianche, sorta di bluse di antichi schermidori. Il ciliegio folto faceva sfondo e limite alle arnie e già portava rami carichi di pallottole verdi in attesa d’estate.

        Che tutto che noi eravamo arrivati per visitare una cantina, ci ritrovavamo immersi in una atmosfera silvana e prativa, scolari a lezione sul campo. Pergola, guyot e cordone speronato venivano abbinati ai diversi vitigni in base alle esigenze di ognuno e alle caratteristiche vegetative. Le erbe, con i loro trucchi a contrasto dei parassiti, trovavano collocazione ordinata nei cassetti del nostro sapere e il sottosuolo, nemmeno, più nascondeva segreti: i canali sotterranei e gli stratagemmi a impedire smottamenti ci erano ormai svelati e illustrati. Fino alla chirurgia applicata alla vite, la nostra ospite non ci lesinava insegnamento alcuno. Ripensandoci, a sera, mi rendevo realmente conto dell’importanza di una simile accoglienza: non era spiegare un mestiere, quanto presentare la propria vita, il proprio pensiero sulla vita. Mettete da parte l’orologio, ci sembrava voler dire, perché la natura fa il suo corso con un tempo che non è umano. Era una selezione massale della conoscenza, una propagazione della sensibilizzazione verso un modo di operare nel mondo, che sia conscio e non sfruttatore dell’ambiente. Ascoltate e raccontate, ci diceva.

        Rosso era, per antitesi, il colore conclusivo della giornata. Rosso, il succo di queste uve di croatina, di barbera e uva rara. Rosso, rigoglioso di violacea spuma finissima oppure fermo nei suoi densi toni introversi.

        Giafèr è un mascalzone, un brighelladirebbero in quartieri più meneghini, vivace del suo spirito fresco e però ruspante di quella terra scoscesa che avevamo appena percorso. Era il frutto più giovane della collina, nell’idea originaria; ma ora, davanti a quella bottiglia targata 2012 non si può dire voglia nascondere la sua voglia di crescere.

        Caotico è l’archetipo del nomen/omen, figlio perfetto di quella composizione geologica che frastaglia le fondamenta della cantina. Scuro come la notte e spumeggiante come una festa, complesso come tutti i caratteri delle uve che raccoglie.

        Venerdì 13 è un signorotto più serio e compìto, che rimane accovacciato sulle sue bucce per lungo tempo e altrettanto ne abbisogna per svelare la sua indole potente e profonda. Un altro nome-simbolo, una data nella storia di questa azienda, ma che non ci è dato ancora sapere in che modo.

        Millenovecentoquarant’otto non ha bisogno di presentazioni: è proprio quel che dice di essere, il figlio della vite settantenne, l’anima storica e contorta del vigneto. Una storia cui si deve concedere il legno grande e tutti i riguardi del tempo lento e della macerazione lunga sulle bucce, la pelle che ha respirato tutti gli avvenimenti della collina, la scorza che l’ha difeso da ogni insidia.

        Quella porta di legno e vetri opachi è l’ingresso dell’azienda. Quella porta è l’uscio di casa. Non ci si crede quasi, in questi tempi ipermoderni, che possiamo fare degustazione e sentire il racconto delle produzioni nientemeno che sul tavolo da pranzo, le sedie strette all’intorno e i quattro calici a persona. E le scatole dei vini sono sgabelli ai vari oggetti che servono nel quotidiano: al blocco notes, all’agenda, alla cartelletta delle ricevute. Di là c’è la cucina, con la porta che dà sul cortile, ma che è anche cantiere della cantina in divenire, caotica. Tutto è simbolo, giri e ritorni tra volere di natura e desiderio dell’uomo. Non c’è più tempo, non c’è più tempo per niente, strillava frenetico il coniglio bianco di Alice: noi spiriti urbani abbiamo presi altri appuntamenti, perché non sapevamo calcolare ancora bene il respiro delle stagioni. Pensavo che vale bene il viaggio, l’incontro con Barbara ed Enzo, nei loro posti e con i loro modi, senza il sacrificio di angusti banchi d’assaggio sotto luci artificiali. Il tramonto è stato luminoso abbastanza per rischiarare questa regione dimenticata, al di là del grande fiume, smeraldo introverso eppure sì prossimo.