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LA NOTTE DELLE BOTTI: Costamasnaga, Ines Beer BQ

Splende il sole, o quasi, tra qualche nuvola sparsa sul cielo di Costamasnaga. Ines Beer B-Q, giovane locale specializzato nelle lente cotture all’americana, apre i battenti per ospitare un evento di estremo quanto attuale interesse, con l’organizzazione di The Good Beer Society… No, non si tratta del giorno lungo ventiquattr’ore del circolo polare artico: siamo davvero nella Brianza lecchese, ma La Notte delle Botti cala a mezzogiorno, o giù di lì. La scusa per recuperare qualcosa al volo da una delle spine già approntate e andare a curiosare il menù con sommo languorino, è bell’e servita. La spedizione condotta in solitaria prevede l’armamento tipico del caso: il telefono per poter fotografare, postare, organizzare; il taccuino e la matita, per non lasciarsi sfuggire i pensieri; buona volontà di assaggiare e, dulcis in fundo, rilassatezza per ascoltare i racconti dei protagonisti… Del resto, ad essere in due si sa quanto si possa raccogliere di più, tanto d’orecchi quanto d’occhi e, soprattutto, bere tendenzialmente il doppio. Altresì vero che sono proprio i soci i primi bidonari dell’ultimo secondo: mi godo allora la mia gita, con un itinerario dettato da mero gusto soggettivo.

BIRRIFICIO DEL DUCATO, Soragna [PR]

ENTRENEUSE, Barrel Aged Tripel, 9.4%

Ovverosia, come partire col botto! La base è una Belgian Strong Ale che visita poi una barrique di Brunello di Montalcino per una dozzina di mesi, con inoculo di brettanomiceti… Il risultato è un bicchiere di una complessità e di una eleganza spaventose. Molto ben equilibrati gli aromi fruttati dalla Tripel e i sentori di cuoio e di polvere di legno dalla barrique.

LUNA ROSSA 2017, Sour Ale con Amarene, 8.0%

Un dejà vu, ma in realtà quanto differente! A quanto pare è proprio vero che i lieviti sono esserini vivi e si accomodano e si assestano col tempo all’interno della “loro” cantina, dando origine ad una flora quantomai autoctona. Così questa versione 2017 della Luna mi appare più amalgamata di un assaggio di un paio d’anni fa: l’amarena molto presente, l’acidità bella espressa senza occhieggiare troppo all’acetico.

BIRRIFICIO RURALE, Desio [MB]

SIMPHONIA, Gueuze, 6%

“Con tutto il rispetto”, una simil-gueuze… Birra a fermentazione semi-spontanea, per via dell’aggiunta dell’eccesso fermentativo derivato da un esperimento con la Seta, in cui si sono prodotti dei mostri incredibili, a quanto pare – e che non vedo l’ora di provare, evidentemente! L’assaggio mi ha dato l’idea di un perfetto “Lambic per neofiti”, per chi si incuriosisce del mondo acido, ma ne risulta ancora un po’ spaventato: tutti i sentori emblematici, dal lattico, al citrino, all’umido di cantina, dicono presente, ma con una leggerezza inusitata.

BARREL WORKS 1.0, Barrel Double IPA, 9.5%

Si parte da una birra già sostenuta, la Scarliga, la più potente della batteria Rurale. Assaggio. E penso: LA Birra passata in botte! Scarsa la componente sour, invero non ricercata, accennata unicamente da un indizio lattico in sottofondo, tutto il bicchiere è giocato sulla forza, sul corpo e sull’eleganza della combinazione: densità, calore alcolico, complessità del legno e aromi di carruba, speziato di pepe nero, vegetali secchi…

BIRRIFICIO SANT’ANDREA, Vercelli

FOG BARREL, Witbier, 4.5%

La versione barricata della storica Fog, la Wit da cui emergono i classici sentori di arancia amara e coriandolo trasformati in una versione “vintage”, levigati dal legno. Praticamente piatta, conserva una beva facile e rivela una maggiore corposità rispetto alla birra originale, con un finale piacevolmente balsamico.

RIOT BARREL, Belgian Strong Ale, 8.6%

Un’altra birra di gamma proposta in versione barrique: la Belgian Strong Ale incontra il legno di Renzo Losi per dare vita ad un sorso potente, sostenuto da sentori intensi di quercia, corteccia, polvere di falegnameria. Note altalenanti di vegetale verde e scuro di fava fermentata. Bel finale pieno su note di miele di castagno.

BIRRIFICIO LARIANO, Sirone [LC]

MAREN, Oak Aged con Amarene, 5.4%

Malto Pils e malto di frumento a costituire la birra base da passare poi in botti di rovere che hanno accolto per diversi passaggi vini quali Chianti o Barolo. Schiuma praticamente assente, lo sguardo è tutto attratto da un colore rosso carminio saturo, da scala Pantone, praticamente impenetrabile. L’idea di una birra piatta è smentita dalla frizzantezza sottile e piacevole che si avverte sulla lingua. I sentori, al naso come al palato, sono inequivocabilmente sul frutto, sull’amarena. Finale leggermente sapido e senza tracce di sour.

DRACO’S CAVE, Affinatore, Lissone [MB]

CRAZY BLONDE PEACH, Belgian Strong Ale, 5.8%

In collaborazione con Railroad Brewing Co., una Belgian Strong Ale affinata tre mesi in botti di rovere. L’aggiunta delle pesche la rende un incredibile aperitivo: sentori delicatissimi di frutta gialla al naso e ripresa del gusto della pesca al palato, ma con un approccio talmente delicato da non risultare mai invadente sulla componente maltata, luppolata, speziata della birra.

FUNKY’N’FUNNY, Saison, 5.7%

Ricetta propria per questo bell’esempio di Saison dal netto impatto stilistico: i lieviti apportano tutto il loro carattere speziato, fruttato, pepato… L’assaggio risulta molto rotondo, con una predominanza decisa di nocciola, mentre l’usuale secchezza è smorzata e levigata dal legno in toni leggermente più dolci.

BIRRIFICIO ITALIANO, Lurago Marinone [CO] / KLANBARRIQUE, Rovereto [TN]

WILDEKIND, Belgian Ale, 7.7%

Ispirazione belga che piacevolmente mi sorprende, per una ricetta di Agostino Arioli… Bellissimo calice carico di oro, praticamente impenetrabile. Naso ipnotizzato da sentori di frutta gialla e perfetta corrispondenza al palato con un rimando evidente alla pesca. Carbonica contenuta e piacevole, legno in profondità, come un’idea che avvolge il tutto e lo ammorbidisce, senza lasciare segni evidenti di presenza.

FLOS ALBA, Weizen, 4.8%

Una birra di frumento acida, preparata con l’aggiunta di estratto di bergamotto: non saprei pronunciarmi in favore delle sole scorze, per via di un balsamico non propriamente esplosivo, quanto piuttosto verso il frutto intero, per un amaro di agrume più percettibile. Il frutto si presenta al naso, in una veste giallo oro molto satura e questo fruttato di scorze e l’amaro che potrebbe essere agrume come luppolo mi portano ad un Sauvignon del nuovissimo mondo…

MARZARIMEN, Italian Grape Ale

Fermentazione sulle bucce di uve Marzemino per produrre un naso assolutamente vinoso! Il bicchiere è di un rosso sangue impenetrabile, affascinante e senza schiuma di sorta. I sentori rimandano al carattere di un vino ritroso a svelarsi: note terrose, vaghissimo accenno acetico, frutto scuro, col tempo… Del resto, quel 25% di uva fa sentire tutto il suo peso. Una IGA davvero improntata all’enologia, con una componente watery che al palato, però, quasi svuota un po’ troppo l’attesa creatasi… Sicuramente da valutare paragonata ad un calice di originale Marzemino…

BLACK BARRELS, Torino

GOSE, Gose, 5.0%

Impatto olfattivo di polvere e muffa. C’è il malto, lì sotto, qualcosa di germanico… ma quanto lontano! Corrispondenza al palato sui toni di cantina, di ambiente chiuso e poi l’approssimarsi dell’atteso sale, ma trasfigurato in un ambiente completamente marino, quasi paludoso: salmastro, salamoia, acqua di sentina. Una birra tutta marinara, un’idea fulminante di confronto col vino Timorasso…

YELLOW DOCTOR, Bassa Fermentazione, 5.5%

Il passaggio in barrique suscita spontaneamente l’idea di una complessità particolare, di una bevuta da cercare di capire… Quanto di più lontano dall’esperienza della Yellow Doctor! Una birra davvero imprevedibilmente semplice, che si beve con tranquillità pur rivelando chiaramente ad ogni sorso una natura diversa: sentori di corteccia, di vegetale e una insospettabile anima lager.

 

Il passaggio in botte è un elemento di fascino inusitato e atavico. Rimanda indubbiamente alla birra dei secoli bui, all’immagine di immani vichinghi che pescano dai barili con boccali pantagruelici. La sorpresa, dopo svariati assaggi, sta invece nel cogliere quanta finezza ed eleganza possa celarsi dietro quel momento di affinamento: quasi che il ritorno alle origini produttive sia, al contrario, una proiezione verso un futuro di pulizia e sapori nuovi. Potenti o leggiadre, dense o scorrevoli, acide o fruttate, tutte le birre assaggiate propongono una identità sempre interessante e, nonostante sia ovvio il filtro del gusto soggettivo, soluzioni sempre valide.

Ragionavo, lungo la strada del ritorno, tra i rimandi delle note, dei sentori, degli aromi, i suoni ancora delle voci e dei racconti, sull’aspetto puramente economico della faccenda. Non è come approcciare un banco di degustazione del vino, questa storia delle degustazioni della birra. Forse non sono nemmeno degustazioni, nell’ottica dell’organizzatore dell’evento… Come più d’uno trovo a sottolineare, la birra cerca sempre quel distacco da qualsivoglia accademismo e ripudia ogni tentativo di ingessatura, che ne vogliono rappresentare la distanza stilistica dal mondo enologico. Le porzioni versate, infatti, elemento lampante di differenziazione, non erano ascrivibili ad un mero momento degustativo, quanto ad una vera e propria piccola bevuta: un bicchiere che permette un assaggio, un secondo e un terzo e consente di accomodarsi un momento per prendersi il tempo di scrivere, conversare e poi tornare a finire la propria birra. In tutto ciò, il pagamento in gettoni – che facevan tre euro a bicchiere – ci sta tutto: quattro o cinque birre assaggiate fanno quasi una serata in birreria, al soldo. Ma se l’intento è quello di procedere con certa serialità, per poter portare a casa un più ricco bottino di esperienze, ecco che il quadro si fa tendenzialmente drammatico e per quel mosaico di degustazioni messe insieme in giornata (peraltro non esaustivo di tutti i partecipanti), il portafogli assottiglia un po’ sfiancato. Forse prevedere differenti spillature per differenti contributi?

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