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Umbria: un cuore che batte fortissimo

Enogiro d'Italia, XVIII tappa: Umbria

Si traguarda la diciottesima tappa del nostro Enogiro d’Italia. Il nostro carrozzone – sempre agile a scavallar monti e colline – si sofferma una sera in Umbria, cuore verde d’Italia. In Umbria non c’è il mare… Eppure certi afflati salmastri lascerebbero intendere il contrario. Prova che la terra è sì incredibilmente varia da saper imitare anche le acque salate. Una regione racchiusa, compatta e movimentata: e tutta questa sua struttura abbiamo ritrovato nei vini degustati, caratteristici di visioni produttive poco inclini a compromessi. L’Umbria è un cuore ed è verde: natura credo sia la parola d’ordine di questo piccolo assortimento presentato.

Vinificazioni assolutamente personali e vini decisamente sorprendenti.

Perché il colore più chiaro non fa rima con struttura più delicata.

Perché i vini bianchi sono più tannici dei rossi.

Perché il temuto tannino del Sagrantino risulta essere flauto e non grancassa.

Perché c’è chi si diverte a fare vino e non per questo produce cose comiche.

Perché aveva ragione Jacopone da Todi e noi trasportiamo la sua affermazione dal campo di poesia al campo della vite: “Quando è chiara la lettera, non apporre oscura glossa”. Il vino si fa in vigna.


RASPATO 2018 [Cantina Annesanti, Arrone, TR]

Sangiovese, Aleatico. 10,5% alc. vol. IGT Umbria Rosato.

Vino sbidigudo, vinificato secondo una antica tarapia della Valnerina.

Sapore prematurato e profumo di piccoli posterdati rossi supercazzolati.

PS Le anima non pesano, come questo vino. Bevetelo leggeri.

Sangiovese e Aleatico

Ecco come presenta il suo frizzantino rosé Francesco Annesanti, nella retroetichetta delle bottiglie: fantasiose di creativa etichetta, stupefacenti di tappo meccanico, che mai s’era ancora visto al SoSoClub!

E così va bevuto: in allegria, in compagnia, facendoci caso ma senza filosofie, gustandolo con intenzione ma senza spaccare il capello in quattro. Il vino della merenda e della sete, nel suo meraviglioso colore velato, tra l’albicocca e il Bellini, la luce mediterranea della limonata e la sfumatura ramata della cipolla…

Il naso è pulito, fresco, citrino. Dà poi una idea di sottobosco, di bella ombra fresca in estate. Man mano che il vino si scalda ecco che i profumi si ammorbidiscono e passano dall’agrumato intenso alla spezia leggera, all’anice per esempio.

In bocca è quello che ti aspetti: acidità sparata, scorza di limone. E una frizzantezza davvero decisa, scalpitante, anche se formata da bollicine fini fini. Si avverte bene una frizione quasi astringente, una sensazione talcata e una linea ben sapida che attraversa tutto il sorso. A garganella con qualità!

 

ESIMIO 2017 [Casale Rialto, Montefalco loc. Casale, PG]

Grechettoin purezza. 14,5% alc. vol. IGT Umbria Grechetto.

Eraldo Dentici ha quel fisico lì da centro-mediano alla Riccardo Ferri, che dice subito di non saper stare fermo. Un viso serio e netto, un occhio che ha visto cose e legge indizi. Un aspetto deciso.

In altro modo non potrei definire questo suo esempio di Grechetto: deciso. Mica per tutti. Anche se il colore è una tentazione liquida: oro puro, limpido, luminoso, denso. Bellissimo.

Parte al naso con un tocco di smalto e già pensavo “ci siamo!”. Insieme arriva subito l’idea suadente e autunnale di una nocciola calda e ancora la sensazione dell’ingresso in profumeria d’antan. I profumi si dispiegano sulle note macerative, sulle bucce intense che cedono piano piano. Il floreale e il fruttato maturo arrivano baldanzosi, e ancora dietro le note di frutta secca. Poi, l’assolo morbido della nota legnosa, un profumo proprio di corteccia spessa e asciutta. Se ne esce riconoscibilissima l’albicocca essiccata, che via via prenderà grande spazio olfattivo.

E poi lo beviamo… Potentissimo! Astringente, nonostante quella presentazione trasparente. Tannico e alcolico, ma un calore di velluto prezioso, una sensazione glicerica intensa e morbidissima. Salino, in maniera molto fine e con la sua bella sensazione amaricante. Le gengive pulsano, le labbra paiono appena uscite da un bagno di mare. Potentissimo, davvero. Richiami retronasali di essiccato, di erbe e di campi, per annunciare un finale quasi da distillato, da Cognac o giù di lì… E ancora il sale, debordante.

Incredibile.

 

TREBBIANO SPOLETINO 2018 [Raìna, Montefalco, PG]

Trebbiano Spoletinoin purezza. 13,0% alc. vol. DOC Spoleto Trebbiano.

L’aspetto è tutto di un vino in naturalezza, con quel giallo dorato velato: trame di lieviti, di bucce, di particelle sconosciute… Il profumo mi colpisce con una nota quasi da idrocarburo, così appena versato, senza nulla roteare. Poi, quelle sensazioni già apprezzate volte prima: la paglia, le erbe essiccate e, su tutto, una generosa spolverata d’origano. Si leva eterea una certa nota fumé e il ricordo della pietra. Caldo rimando di goudron. L’acciottolato e il campo assolato sono l’immagine che si figura sopra questo calice, con note emergenti di frutta secca.

Francesco Mariani descriveva questo suo Spoletino come “l’Italia dell’Appennino”: è così, difatti, equilibrato e inafferrabile. Diresti introverso, perché non riesci a cogliere sentori precisi e dettagliati; ma non è scomposto, dà un’idea di buono e di ben fatto. Bisogna arrendersi: è il centro Italia, la gente che s’incontra per strada, che parla dialetto nelle piazze; è un vino schietto, vero. E non vuole essere ridotto a elucubrazione per pochi eletti.

In bocca, infine, pizzica come il sale e come le spezie. Si gusta come le erbe aromatiche sopra la pietanza e poi asciuga con certa astringenza. Solare, campestre.

 

BIANCO MACERATO 2017 [Ajola, Sugano, TR]

Procanico in purezza. 13,0% alc. vol. Vino Bianco.

Macerato lo è davvero, se l’occhio arriva a veder arancione dentro il calice. Orange e velato, come si confà ai macerativi e naturali. Jacopo Battista non è animale da palcoscenico: interamente integrato nella naturale dimensione dei suoi due ettari di vigna, sopra terreni vulcanici a 500 metri sul livello del mare. Bisogna andare a scovarlo, a quanto pare, non è homo-social. Questo suo vino è così: senza spiegazioni.

Il naso mi rimanda subito al bricolage, con una nota franchissima di vinavil. Giro, giro, giro e il palcoscenico plastico si apre sulla mia amatissima dimensione salmastra, con le conchiglie che filtrano dagli scogli e la salamoia che ammicca sapida. Più aria ancora porta ventate di liquore all’arancia, scorze d’agrumi e spirito, profumi d’amaretto.

Il sorso è astringente, un grip motociclistico, una sensazione di tranquilla ruvidezza. Agrumi che ritornano e tocco un po’ d’asfalto, di catrame. Bello fresco e con una vena sapida lunga lunga. Un goccio ne rimane, lì nel bicchiere, ad attendermi la prossima settimana…

 

LAUTIZIO 2018 [Collecapretta,Terzo La Pieve, PG]

Ciliegioloin purezza. 12,5% alc. vol. Vino Rosso.

Agricoltore e poi vignaiolo in Terzo La Pieve”.

Così afferma Vittorio Mattioli sull’etichetta di questo suo Ciliegiolo. Il vino viene dalla terra e la vite è una pianta che va coltivata: insieme agli altri frutti delle sue terre, agli ulivi, e insieme all’allevamento degli animali. Una economia circolare, di sussistenza e di mercato: indubbiamente, la concezione di tradizione all’ennesima. Ricordo la fiera milanese in cui ho incontrato i vini di Collecapretta: non c’era molto da star lì a disquisire, tanto si mostravano tutti magnifici. E qui, il loro Ciliegiolo, che tutto può essere fuorché il classico comprimario che conosciamo.

Intanto, il naso ha un attacco davvero selvatico, un proporsi animalesco e, come direbbero i saputi, “foxy”. Ma l’idea di un che di salato cova lì sotto. Con qualche boccata d’aria si addomestica un po’ e ci racconta le sue visioni di speziature, di chiodo di garofano. Un accenno di vegetale verde, di foglie d’edera. Langue dietro le quinte un qualcosa di gessoso, di polveroso minerale.

Com’è bello limpido, invece, il sorso! Succoso e fresco, spontaneo. Un filo tannico, un filo acetico. Una nota salina sottilissima e gustosa. Si ritorna a pensare ai vini da pic-nic: consideriamo il pranzo sull’aia, la domenica di sole, con i panni buoni e il servizio della festa. Buonissimo e sincero.

 

CAMPO DI RAINA 2014 [Raìna, Montefalco, PG]

Sagrantino in purezza. 15,5% alc. vol. IGT Umbria Rosso.

Vendemmia tardi, Francesco Mariani. O forse, meglio, vendemmia ancora con un senso della stagione, come chi lavora la terra è abituato a fare. Fine ottobre, per queste uve di Sagrantino che poi fermentano in acciaio, per quindici giorni più o meno. Passano – già ormai vino – alla botte grande, per un bel soggiorno di circa due anni. Poi ancora l’acciaio per un anno e, infine, un ultimo uguale periodo nel vetro della bottiglia. Tutto secondo le regole, ma di fatto qualcuno non deve aver compreso la situazione e il Sagrantino in questione esce con la semplice targa IGT: che diventa, molto spesso, la denominazione delle cose buone, fatte bene e meritevoli.

Subito un rimando all’infanzia, appoggiando il naso sopra il calice: i colori a tempera, quelli della valigetta con le chiusure a scatto, nei tubetti metallici. Nota ficcante d’inchiostro. Vino di terra, nei suoi rimandi alle foglie umide, sfatte, sopra i sentieri sterrati boschivi. Con qualche sasso qua e là: sensazione che rimanda alla pietra, a una qualche idea di minerale. Più in là parlerà anche di frutti scuri, di polpa e di maturità.

E così è in bocca: ricco, polposo, avvolgente. Una carezza calda e tannica, una sensazione sapida e talcata. I richiami alla terra, all’ombra del bosco, ci sono tutti. Il rovo e la corteccia, l’umido della rugiada e il vegetale che tende un po’ al macerato, ormai molle nei raggi non più caldi di un pieno autunno.

Maestoso.

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