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Tre birre del Borgo

Eccomi, eccomi, eccomi!

Settimane intense e assolutamente in apnea, tra asilo, lavoro all’altro capo del mondo e caldaie da smontare e rimontare… Tempo per casa-famiglia-relax praticamente zero! E anche l’abituale curiosata al supermercato ha dovuto attendere parecchio. Ma siccome avevo un pallino che mi frullava in testa, ho dovuto recuperare giusto giusto cinque minuti per andare a prendere tre birrette da assaggiare in sequenza. Direttamente collegate alla degustazione scorsa. Perché, in effetti, mi dicevo “Ma com’é che fino a poco tempo fa non si trovava questa Birra del Borgo al super e adesso invece ce n’è diverse?”… mi proverò a raccontare anche questa, prossimamente.

Intanto, condivido con voi quello che ho pescato a questo giro. In diretta dal divano, sicuro!

Birra del Borgo, DORATA

Va’ che bel bicchiere giallo sole! Proprio un giallo paglierino luminoso, con la sua bella schiuma bianca, fitta fitta. Non c’è che dire: quando versi una birra che si presenta in questo modo, le aspettative dell’assaggio sono molto alte. Intanto, il naso trova dei profumi che si abbinano perfettamente all’occhio: le note sono leggere e invitanti, di fiori e di frutti. Mi viene in mente un miele molto limpido, come il miele d’acacia. E poi un flash dal cassetto del frigo: i limoni gialli! Ecco, scorza di limone.

Anche al palato non è niente male. Il limone ricompare, ci trovo un simpatico frizzo citrino. E anche un po’ salatino, sì. Mi viene da pensare che stia proprio bene con una fritturina di pesce… poi, però, ecco che il dolce si presenta un po’ prepotente: alla fine, quel delicato miele d’acacia che annusavo è diventato una zollettona di zucchero che mi pare troppo pesante. Comunque, me la bevo e me la riberrei ancora, se non l’avessi già finita! Quella gasatura fine fine mi ricordava qualche birra artigianale che ho assaggiato in giro.

La voce di mio marito: va giù liscia liscia.

Supermercato Simply | Bottiglia 75 cl, € 5,98

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Birra del Borgo, AMBRATA

Qui il bicchiere si colora un po’ di più. In effetti iniziavo a pensare che tutte le birre fossero prodotte col colorimetro! E, però, magari mi aspettavo una sfumatura ancora più intensa. Ma non precipitiamo e godiamoci lo scintillio sotto la schiuma bianca. Il profumo, invece, mi pare meno scintillante… Non è tanto intenso e concentrato, anche qui, sul miele. E poi sul biscotto. Insomma, un naso che vaga verso ricordi dolci. Più una punta leggera di spezie, la scatola sopra la cappa della cucina ricolma di polveri e semi e foglie esotiche. Però basta così: l’assaggio e non riesco a far saltar fuori altro che non siano ancora biscotti e qualcosa di mielato. Va giù proprio liscia: pensavo che quei 7% di alcol dovessero essere un po’ più polposi in bocca. Ed è ancora meno gasata della Dorata. Va beh!

La voce di mio marito: anonima.

Supermercato Auchan | Bottiglia 75 cl, € 5,98

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Birra del Borgo, IPA

Ah caspita! Anche qui un bel colore carico carico! Mi aspettavo qualcosa di più delicato, e invece mi sa che questa birra si farà sentire. Infatti, i profumi sono molto intensi: mi ricordano sia gli agrumi che i frutti esotici. Tipo una macedonia di arance, pompelmi, ananas e… qualcosa di più pungente? Non so, passion fruit? Che si chiama anche maracuja! Ecco. 

So anche bene, però, che quell’IPA scritto in etichetta mi deve far presagire l’amaro amarissimo, gusto che trovo ancora troppo difficile. Però, qui hanno scritto “Italian Pale Ale”, mentre normalmente mi sembra di ricordare che la sigla significasse “Indian Pale Ale”. Cioè, una roba più esotica. Mi dico che forse ce la posso fare e mi lancio ad assaggiare… Beh, amara è amara. Ma, in fin dei conti, più sopportabile del previsto. Certo, è l’ultimo sapore che mi rimane in bocca, ma nel frattempo ho risentito tutta quella frutta esplosiva che mi piace molto. Miseriaccia, se non fosse per quell’amaro finale… Buona però, eh!

La voce di mio marito: sicuramente la più caratterizzata.

Supermercato Esselunga | Bottiglia 33 cl, € 2,95

 

Alla prossima spesa! Spettegolosamente vostra, Ines Perta.

E mi raccomando… Bevete curiosamente!

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Intervista a Ines Perta

La Rubrica di Ines Perta, logo
Alcuni dei nostri più affezionati seguaci avranno già notato il nuovo appuntamento che campeggerà d’ora in poi sulle pagine del blog. Una rubrica di divagazioni birrarie, di assaggi entusiasti, di chiacchiere appassionate… La Rubrica di Ines Perta!
Oggi pubblichiamo l’intervista che siamo riusciti a strappare a Ines… una piccola chicca per scoprire un paio di interessanti curiosità sul suo conto!
 
La tua predilezione di bevitrice si rivolge sia alla birra che al vino?
Sì sì, confesso che ero un’astemia conclamata: la birra mi sembrava amarissima e il vino mi dava subito alla testa, troppo alcolico! Ma negli ultimi anni la mia burbera metà e gli amici mi hanno fatto cambiare idea! 
 
Potresti raccontarci come nasce la tua curiosità verso la birra? O forse è meglio parlare di vera e propria passione?
La curiosità nasce assaggio dopo assaggio: all’inizio dai bicchieri degli altri e poi pian piano al Pub di birre dalle belle etichette (si, lo confesso!). All’improvviso sono comparse tante proposte diverse e… sorpresa sorpresa, mi sono sembrate sempre meno amare e uniformi. Probabilmente mi sono fatta un po’ il palato. Poi è bastata qualche serata di degustazione a spalancarmi un mondo ed è arrivata la passione!
 
Credi esista questa netta distinzione tra birre artigianali e birre industriali, come tra vini naturali / convenzionali?
Allora, sicuramente l’artigianalità si sente nei gusti più netti, nelle proposte più originali e nei vini il giorno dopo non ci sono fastidiosi postumi. Detto questo, ci sono birre della grande distribuzione che bevo volentieri, magari per un pranzetto super semplice.
 
Che cosa ti spinge a raccontare le tue degustazioni sul web?
Un piccolo divertissement per punzecchiare il mio espertissimo marito, sempre tecnico e preciso. Chi, come me, non riconosce mai un profumo e confonde i nomi degli stili, riuscirà a capirci qualcosa.
 
Hai una tua cantina personale a casa?
Piccola piccola ma ben frequentata!
 
Quando esci a mangiare anche solo una semplice pizza, cerchi il locale in base alla carta delle birre?
No, in base alla buona pizza! Ma se esco per bere, cerco un posticino con una buona offerta, che abbia sempre nuove etichette in lista. E poi ho alcuni locali di fiducia per le serate speciali.
 
Senza pensarci troppo, la tua birra preferita?
No no, non ci casco! Mi piacciono un sacco di cose e dipende dalla serata, dal cibo, dall’umore… Farò la romantica e ti dirò la Mariage Parfait di Boon, una birra per tutte le stagioni.
 
Non ci resta che ringraziare Ines per questo tempo che ci ha gentilmente dedicato. Curiosi di tutto il mondo e easy-drinker, siete avvisati: non avrete più giustificazioni per non farvi trascinare nell’appassionante mondo di Ines Perta! E mi raccomando: bevete curiosamente!
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Tre Lager a confronto

Che caldo! Per fortuna la frescura del supermercato mi dà un po’ di tregua… Mi aggiro, curioso, prendo due succhi e poi… mmm, cosa c’è da quella parte? una parete intera di BIRRA!!! Mi ci avventuro col carrello, lo confesso… non ultimo, per contrariare un po’ la mia dolce e burbera metà, che vuole sempre mettermi in guardia dai pericoli della spesa birraria al supermercato!

Come scegliere? Ho pensato: partiamo con qualcosa di italiano che ho già sentito nominare… e poi un po’ di senso estetico che non guasta, una bella etichetta ti predispone bene, no? (mah, sotto questo aspetto si può migliorare vedo!) Allora prendo un po’ di birre a caso, tutte diverse che se no mi annoio, ma facciamo che siano “lager”, suona un po’ come leggero, quindi perfetto per cominciare. E ora, avanti marche, alla cassa.

Birra Menabrea, La 150° Bionda
Ha un bel colore, dorata e limpida. E anche una bella schiuma bianca: non dura molto, questo è vero, ma forse tanto fa anche il modo che si ha di versare? Il profumo, mi sembra accattivante, ma non saprei dire precisamente cosa mi ricorda. Aspetta che mi concentro un po’,  in effetti tutto quello che riesco a dire è: forse è talmente semplice che quello che sento non ha nemmeno una descrizione… Però è frizzante e bella fresca di frigo. Sapore vagamente dolciastro e anche un po’ amarognolo: io, però, ho una certa avversione per l’amaro e lo sento subito (anche dove non c’è, qualcuno mi bacchetta!). Alla fine penso che con un panino very easy, magari non ci sta neanche male. Mi sembra sempre che sia inutile stare a spendere tanto, quando si deve mangiare e bere velocemente!

La voce di mio marito: una birra che non ha ragione di esistere.

Supermercato Tigros | Bottiglia 33 cl, € 1,38

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Birra del Borgo, Lisa
Ah, che bella luce dorata anche qui! E la schiuma sembra davvero una panna! 
Indubbiamente i profumi sono più particolari: qualcosa che ritrovo anche nella scatola delle spezie, quella là sopra la cappa della cucina. Magari anche qualcosa che arriva dal cesto della frutta? Così mi sembra… Mi aiuto un attimo e sbircio l’etichetta: ta-dah! Scorza d’arancia! Quante cose, per essere una birra semplice: mi informerò sul discorso Lager e vi terrò informati! Assaggiandola, però, non ha quel bel sapore fresco del frutto, mi sembra tenda un po’ troppo al saponoso… come quando ho esagerato con la lavanda nella marmellata di prugne! Ma comunque: non male, e anche la grafica dell’etichetta è gran bella!

La voce di mio marito: molto semplice, ma non fastidiosa.

Supermercato Tigros | Confezione 3x 33 cl, € 3,36

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Birrificio Angelo Poretti, 4 Luppoli
Anche il terzo bicchiere conferma delle caratteristiche già viste prima: il bel colore dorato, la schiuma bianca… Eh eh, sto quasi assumendo un tono tecnico, vero? Ah ah! 
Il profumo è molto simile alla prima birra, quel miscuglio che rimanda a cose un po’ dolci, ma indefinite. L’assaggio, magari mi illumino. Eh, caspita, è proprio dolce! Ma non come una cheesecake, un dolce un po’ appiccicoso… urge sbirciare gli ingredienti: sciroppo di glucosio! Beh, per essere morbida è morbida, come leggo sull’etichetta. Ma la generosa luppolatura (che, mi dicono, dovrebbe portare un bell’amaro)? In definitiva, non so… forse un altro panino facile facile?

La voce di mio marito: quattro luppoli in croce non fanno una “generosa luppolatura”!

Supermercato Tigros | Bottiglia 66 cl, € 1,42

Cordialmente vostra, Ines Perta.

Bevete curiosamente!

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LA NOTTE DELLE BOTTI: Costamasnaga, Ines Beer BQ

Splende il sole, o quasi, tra qualche nuvola sparsa sul cielo di Costamasnaga. Ines Beer B-Q, giovane locale specializzato nelle lente cotture all’americana, apre i battenti per ospitare un evento di estremo quanto attuale interesse, con l’organizzazione di The Good Beer Society… No, non si tratta del giorno lungo ventiquattr’ore del circolo polare artico: siamo davvero nella Brianza lecchese, ma La Notte delle Botti cala a mezzogiorno, o giù di lì. La scusa per recuperare qualcosa al volo da una delle spine già approntate e andare a curiosare il menù con sommo languorino, è bell’e servita. La spedizione condotta in solitaria prevede l’armamento tipico del caso: il telefono per poter fotografare, postare, organizzare; il taccuino e la matita, per non lasciarsi sfuggire i pensieri; buona volontà di assaggiare e, dulcis in fundo, rilassatezza per ascoltare i racconti dei protagonisti… Del resto, ad essere in due si sa quanto si possa raccogliere di più, tanto d’orecchi quanto d’occhi e, soprattutto, bere tendenzialmente il doppio. Altresì vero che sono proprio i soci i primi bidonari dell’ultimo secondo: mi godo allora la mia gita, con un itinerario dettato da mero gusto soggettivo.

BIRRIFICIO DEL DUCATO, Soragna [PR]

ENTRENEUSE, Barrel Aged Tripel, 9.4%

Ovverosia, come partire col botto! La base è una Belgian Strong Ale che visita poi una barrique di Brunello di Montalcino per una dozzina di mesi, con inoculo di brettanomiceti… Il risultato è un bicchiere di una complessità e di una eleganza spaventose. Molto ben equilibrati gli aromi fruttati dalla Tripel e i sentori di cuoio e di polvere di legno dalla barrique.

LUNA ROSSA 2017, Sour Ale con Amarene, 8.0%

Un dejà vu, ma in realtà quanto differente! A quanto pare è proprio vero che i lieviti sono esserini vivi e si accomodano e si assestano col tempo all’interno della “loro” cantina, dando origine ad una flora quantomai autoctona. Così questa versione 2017 della Luna mi appare più amalgamata di un assaggio di un paio d’anni fa: l’amarena molto presente, l’acidità bella espressa senza occhieggiare troppo all’acetico.

BIRRIFICIO RURALE, Desio [MB]

SIMPHONIA, Gueuze, 6%

“Con tutto il rispetto”, una simil-gueuze… Birra a fermentazione semi-spontanea, per via dell’aggiunta dell’eccesso fermentativo derivato da un esperimento con la Seta, in cui si sono prodotti dei mostri incredibili, a quanto pare – e che non vedo l’ora di provare, evidentemente! L’assaggio mi ha dato l’idea di un perfetto “Lambic per neofiti”, per chi si incuriosisce del mondo acido, ma ne risulta ancora un po’ spaventato: tutti i sentori emblematici, dal lattico, al citrino, all’umido di cantina, dicono presente, ma con una leggerezza inusitata.

BARREL WORKS 1.0, Barrel Double IPA, 9.5%

Si parte da una birra già sostenuta, la Scarliga, la più potente della batteria Rurale. Assaggio. E penso: LA Birra passata in botte! Scarsa la componente sour, invero non ricercata, accennata unicamente da un indizio lattico in sottofondo, tutto il bicchiere è giocato sulla forza, sul corpo e sull’eleganza della combinazione: densità, calore alcolico, complessità del legno e aromi di carruba, speziato di pepe nero, vegetali secchi…

BIRRIFICIO SANT’ANDREA, Vercelli

FOG BARREL, Witbier, 4.5%

La versione barricata della storica Fog, la Wit da cui emergono i classici sentori di arancia amara e coriandolo trasformati in una versione “vintage”, levigati dal legno. Praticamente piatta, conserva una beva facile e rivela una maggiore corposità rispetto alla birra originale, con un finale piacevolmente balsamico.

RIOT BARREL, Belgian Strong Ale, 8.6%

Un’altra birra di gamma proposta in versione barrique: la Belgian Strong Ale incontra il legno di Renzo Losi per dare vita ad un sorso potente, sostenuto da sentori intensi di quercia, corteccia, polvere di falegnameria. Note altalenanti di vegetale verde e scuro di fava fermentata. Bel finale pieno su note di miele di castagno.

BIRRIFICIO LARIANO, Sirone [LC]

MAREN, Oak Aged con Amarene, 5.4%

Malto Pils e malto di frumento a costituire la birra base da passare poi in botti di rovere che hanno accolto per diversi passaggi vini quali Chianti o Barolo. Schiuma praticamente assente, lo sguardo è tutto attratto da un colore rosso carminio saturo, da scala Pantone, praticamente impenetrabile. L’idea di una birra piatta è smentita dalla frizzantezza sottile e piacevole che si avverte sulla lingua. I sentori, al naso come al palato, sono inequivocabilmente sul frutto, sull’amarena. Finale leggermente sapido e senza tracce di sour.

DRACO’S CAVE, Affinatore, Lissone [MB]

CRAZY BLONDE PEACH, Belgian Strong Ale, 5.8%

In collaborazione con Railroad Brewing Co., una Belgian Strong Ale affinata tre mesi in botti di rovere. L’aggiunta delle pesche la rende un incredibile aperitivo: sentori delicatissimi di frutta gialla al naso e ripresa del gusto della pesca al palato, ma con un approccio talmente delicato da non risultare mai invadente sulla componente maltata, luppolata, speziata della birra.

FUNKY’N’FUNNY, Saison, 5.7%

Ricetta propria per questo bell’esempio di Saison dal netto impatto stilistico: i lieviti apportano tutto il loro carattere speziato, fruttato, pepato… L’assaggio risulta molto rotondo, con una predominanza decisa di nocciola, mentre l’usuale secchezza è smorzata e levigata dal legno in toni leggermente più dolci.

BIRRIFICIO ITALIANO, Lurago Marinone [CO] / KLANBARRIQUE, Rovereto [TN]

WILDEKIND, Belgian Ale, 7.7%

Ispirazione belga che piacevolmente mi sorprende, per una ricetta di Agostino Arioli… Bellissimo calice carico di oro, praticamente impenetrabile. Naso ipnotizzato da sentori di frutta gialla e perfetta corrispondenza al palato con un rimando evidente alla pesca. Carbonica contenuta e piacevole, legno in profondità, come un’idea che avvolge il tutto e lo ammorbidisce, senza lasciare segni evidenti di presenza.

FLOS ALBA, Weizen, 4.8%

Una birra di frumento acida, preparata con l’aggiunta di estratto di bergamotto: non saprei pronunciarmi in favore delle sole scorze, per via di un balsamico non propriamente esplosivo, quanto piuttosto verso il frutto intero, per un amaro di agrume più percettibile. Il frutto si presenta al naso, in una veste giallo oro molto satura e questo fruttato di scorze e l’amaro che potrebbe essere agrume come luppolo mi portano ad un Sauvignon del nuovissimo mondo…

MARZARIMEN, Italian Grape Ale

Fermentazione sulle bucce di uve Marzemino per produrre un naso assolutamente vinoso! Il bicchiere è di un rosso sangue impenetrabile, affascinante e senza schiuma di sorta. I sentori rimandano al carattere di un vino ritroso a svelarsi: note terrose, vaghissimo accenno acetico, frutto scuro, col tempo… Del resto, quel 25% di uva fa sentire tutto il suo peso. Una IGA davvero improntata all’enologia, con una componente watery che al palato, però, quasi svuota un po’ troppo l’attesa creatasi… Sicuramente da valutare paragonata ad un calice di originale Marzemino…

BLACK BARRELS, Torino

GOSE, Gose, 5.0%

Impatto olfattivo di polvere e muffa. C’è il malto, lì sotto, qualcosa di germanico… ma quanto lontano! Corrispondenza al palato sui toni di cantina, di ambiente chiuso e poi l’approssimarsi dell’atteso sale, ma trasfigurato in un ambiente completamente marino, quasi paludoso: salmastro, salamoia, acqua di sentina. Una birra tutta marinara, un’idea fulminante di confronto col vino Timorasso…

YELLOW DOCTOR, Bassa Fermentazione, 5.5%

Il passaggio in barrique suscita spontaneamente l’idea di una complessità particolare, di una bevuta da cercare di capire… Quanto di più lontano dall’esperienza della Yellow Doctor! Una birra davvero imprevedibilmente semplice, che si beve con tranquillità pur rivelando chiaramente ad ogni sorso una natura diversa: sentori di corteccia, di vegetale e una insospettabile anima lager.

 

Il passaggio in botte è un elemento di fascino inusitato e atavico. Rimanda indubbiamente alla birra dei secoli bui, all’immagine di immani vichinghi che pescano dai barili con boccali pantagruelici. La sorpresa, dopo svariati assaggi, sta invece nel cogliere quanta finezza ed eleganza possa celarsi dietro quel momento di affinamento: quasi che il ritorno alle origini produttive sia, al contrario, una proiezione verso un futuro di pulizia e sapori nuovi. Potenti o leggiadre, dense o scorrevoli, acide o fruttate, tutte le birre assaggiate propongono una identità sempre interessante e, nonostante sia ovvio il filtro del gusto soggettivo, soluzioni sempre valide.

Ragionavo, lungo la strada del ritorno, tra i rimandi delle note, dei sentori, degli aromi, i suoni ancora delle voci e dei racconti, sull’aspetto puramente economico della faccenda. Non è come approcciare un banco di degustazione del vino, questa storia delle degustazioni della birra. Forse non sono nemmeno degustazioni, nell’ottica dell’organizzatore dell’evento… Come più d’uno trovo a sottolineare, la birra cerca sempre quel distacco da qualsivoglia accademismo e ripudia ogni tentativo di ingessatura, che ne vogliono rappresentare la distanza stilistica dal mondo enologico. Le porzioni versate, infatti, elemento lampante di differenziazione, non erano ascrivibili ad un mero momento degustativo, quanto ad una vera e propria piccola bevuta: un bicchiere che permette un assaggio, un secondo e un terzo e consente di accomodarsi un momento per prendersi il tempo di scrivere, conversare e poi tornare a finire la propria birra. In tutto ciò, il pagamento in gettoni – che facevan tre euro a bicchiere – ci sta tutto: quattro o cinque birre assaggiate fanno quasi una serata in birreria, al soldo. Ma se l’intento è quello di procedere con certa serialità, per poter portare a casa un più ricco bottino di esperienze, ecco che il quadro si fa tendenzialmente drammatico e per quel mosaico di degustazioni messe insieme in giornata (peraltro non esaustivo di tutti i partecipanti), il portafogli assottiglia un po’ sfiancato. Forse prevedere differenti spillature per differenti contributi?

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TERROIRVINO 2014: la Verticale Bianca

 

DETTORI ROMANGIA IGT

Ladies and gentlemen, from Sorso & Sennori, Golfo Asinara: Alessandro Dettori!
Applausi, applausi, applausi. Un viso proprio da ragazzo, Alessandro, con quella testa di riccioli che richiama un po’ tempi vintage: l’epoca di Battisti e delle motociclette cromate. Chissà che polvere, a correre per gli sterrati lungo la costa, col sole che picchia negli occhi al tramonto!
La provincia è Sassari, in quella parte di terra stesa tra Castel Sardo e Porto Torres. L’orizzonte è puntato verso Genova, di là dal mare e non verso la Corsica, come il resto della costa. In realtà, ovviamente, la frastagliata linea corsa è subito lì e bisogna allungare lo sguardo con un certo effetto per voler avvistare la Lanterna e il Porto Antico… Ma è comunque bella questa dichiarazione d’affetto di Alessandro: il Vermentino, una faccia una razza.
Romangia“, ovverosia “terre romanizzate”. Un’indicazione quasi banale in Italia: quale terra non è stata romanizzata, sotto l’impero? E però, che declinazione esotica quel “romangia”, quale elegante e profonda eredità riesce a racchiudere e a trasmettere. I Romani organizzarono queste lande partendo da Porto Torres. Sorso e Sennori sono oggi i due comuni della regione storica di Romangia: Sorsoa valle, più presso il mare; Sennori in collina, guardiano dall’alto. Qui sopra, a trecento metri sul livello di un mare distante poco più di quattro chilometri, il sole si riflette sulle rocce bianche di calcare. E’ caldo d’estate: la temperatura dei raggi è amplificata dal biancore, la luce è calore. Più giù, verso la costa, il terreno è sabbioso: le viti stanno come in spiaggia, con le radici come piedi che scavano la battigia. Sono alberi queste viti, in senso stretto. La tradizionale coltivazione ad alberello è ancora dominante, anche se… Costava poco, un tempo, quando erano solo le mani; costa molto oggi che le mani scarseggiano e impazza la meccanica.
A dirlo, sembra grande questa Romangia, con i suoi milleduecento ettari. É la seconda zona vitivinicola della Sardegna, dopo Alghero. Sembra grande e sicuramente è una delle zone meno conosciute in Italia. Nasce sul finire degli anni ’50 la cooperativa “Sorso e Sennori”, per tramontare poco dopo, nel corso dei ’60: troppa la vicinanza a Sassari, la seconda città della Sardegna, che assorbiva tutta la produzione dei vignaioli della zona e se ne beveva tutto il vino. Per fortuna è un sacco di tempo fa e oggi, qui intorno al tavolo delle Degustazioni Dal Basso, ce n’è anche per noi!
Sottolinea bene Alessandro, ma senza enfasi maniacale da protagonismo hollywoodiano, che non esiste chimica di sintesi nella sua cantina. La solforosa non vi trova alloggio nè alleati, innanzitutto per una ragione filologica. La vinificazione avviene col lavoro di lieviti indigeni lasciati assolutamente allo stato brado: SO2 tende, per sua natura, a svolgere un’azione di selezione dei lieviti, dal che si produrrebbe un controsenso. Tutto molto semplice nel racconto di Alessandro, che va via rapido, come se questa magia del fare il vino fosse una cosa troppo normale per doverci spendere un sacco di parole tecniche: vinificazione in vasche di cemento, macerazione tra i due e i sei giorni, successiva svinatura; il mosto continua a fermentare in altre vasche e si travasa per due o tre volte. Stop. Bottiglia. Godimento!

Dettori Bianco Romangia Igt 2002
Una vendemmia piovosa porta in dote un tannino, tra buccia e vinaccioli, troppo amaro. Inizialmente il vino era davvero molto cattivo, ci racconta Alessandro. La vendemmia ha comunque dovuto procedere perché si era già ai primi di Ottobre e aspettare il sole avrebbe solo voluto dire far maturare l’uva per disidratazione. Il che non è gran cosa: gli zuccheri si concentrano a causa dell’evaporazione dell’acqua del frutto e non come nutrimento che arriva dalla pianta agli acini. L’attenzione che Dettori rivolge alla vita vegetale in senso ampio è davvero una filosofia esistenziale.
Il bicchiere punge con l’attacco salino e offre poi un accenno di miele. Si gioca tutto su queste sensazioni, con il sale su un fondo di dolcezza: il palcoscenico è proprio della sapidità, che pulsa sulle gengive e sul palato.
Che spettacolo: un sorso molto pieno, ma molto tagliente!

Dettori Bianco Romangia Igt 2004
Una classicissima annata sarda dove tutto avviene in maniera molto semplice (!).
La sapidità è la protagonista, dietro una cornice croccante che ricorda il biscotto e arriva addirittura alla vinaccia e al distillato.
Ottimo.

Dettori Bianco Romangia Igt 2005
La vendemmia con cui si spegne il frigorifero in cantina: anche i bianchi vanno prodotti senza il controllo delle temperature! Una motivazione logistica esiste: la precedente cantina era fuori terra e soffriva quindi di caldo eccessivo durante le estati sarde. Nella nuova cantina sotterranea, generalmente il mosto non supera i 24/25 gradi.
L’annata, invece, è stata davvero tropicale e le viti hanno patito più caldo del dovuto.
Il naso si presenta con un accenno vago di agrume e parlotta di composta di mela cotogna. Si ritrova nel bicchiere quell’andamento climatico: sfondo di frutta tropicale inserito in una cornice di distillato. Arriva poi, nel retronasale, la sensazione precisa della polvere di tè. Pieno, sapido, ma un po’ corto, come si svuotasse subito.
Buonissimo.

Dettori Bianco Romangia Igt 2006
Monumentale: una jeroboam che sembra uscita da antichi sotterranei oscuri.
E i tempi di cui necessitava prima del servizio, indubbiamente, dovevano essere lenti e più rispettosi. La trasferta ha troppo scosso il vino, che appare assolutamente torbido, quasi opaco. Al naso, certa nota ossidativa che si ripresenta alla bocca. Invocava una lunga decantazione.
Peccato.

Dettori Bianco Romangia Igt 2009
Un bicchiere che si presenta come un gemellaggio ligure con un impatto di basilico. Poi, il tè freddo. La carica alcolica si indovina assolutamente impressionante, la struttura molto carica. Al palato incuriosisce quella sensazione di frizzante… “Questo vino è stato imbottigliato a Marzo. Ho cercato di fare lo scienziato e l’ho pagata!”, ci spiega Dettori. Le fasi di vinificazione, tradizionalmente prevedono un travaso all’aria, in modo da permettere all’anidride carbonica di liberarsi completamente. L’imbottigliamento a Marzo ha accorciato i tempi e la CO2 è rimasta in parte nella bottiglia. In molti lamentavano una “rifermentazione in bottiglia”!
Sensazioni curiose e sentori terragni per un vino molto interessante.

Dettori Bianco Romangia Igt 2012
Una vendemmia che ha avuto bisogno di dodici giorni di macerazione perché il mosto, continuamente, rimaneva leggero agli assaggi.
Presenta quasi un naso da passito! Albicocca, frutta gialla matura.
E, a sostenere l’arco, quella usuale sapidità eccelsa che ti permette di dire “No, non è un vino da dessert: è una meraviglia!”.

Stupisce, sulla tovaglia candida della saletta fronte mare, la sfumatura dei bicchieri colmi. Il giallo brillante, la sabbia, l’arancione più o meno limpido… Vermentino e nient’altro e nient’altro che anni diversi, dentro quei calici. Ovviamente diversi, come ogni vendemmia dall’altra.
Fuori dall’ordinario, si deve dire di questo Alessandro Dettori. Una scoperta imprescindibile.

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TERROIRVINO 2014: La Basia e Guccione

VGM Tour, Novellara

 

AZIENDA AGRICOLA LA BASIA

La curiosità prima, devo ammetterlo, l’idea con cui partire all’esplorazione del TerroirVino. Già un appuntamento mancato mi aveva alzato il volume del desiderio di provare questi vini.
Così, veleggio innanzitutto verso le onde del Garda bresciano, ancora terra di Lombardia, giusto per darci un vago miraggio del mare che ci manca. Puegnago non è un nome che si fa ricordare facilmente. É pure un po’ complicato da pronunciare, mi fa scivolar via la lingua su tutto il palato.
Come invece sono precisi i vini che vi si fanno, gusti che si ricordano e a cui si vorrà di certo tornare.
Conosco a questo banco Giacomo, uno dei motori che fanno girare l’azienda. Un piacevole incontro con una persona appassionata, tecnica quanto basta e quanto serve, entusiasta di raccontare. Come amo questo modo di descrivere la propria realtà! Senza prevaricare le altre idee, senza dover sbandierare per forza una superiorità unicamente a fini commerciali, ma semplicemente con la voglia di parlare per far scoprire. Indubbiamente è stata una bella scoperta.

CHIARETTO LA MOGLIE UBRIACA 2013
Fa strano, a me personalmente e non so a chi altri, leggere quest’annata sulle etichette: perchè mi sembra solo ieri e, invece, c’è già bell’e pronto un vino! Strano mi sembra pure che delle uve così notoriamente intense e di colore e di struttura riescano a dare un brillantissimo bicchiere come questo. 60% Groppello e poi un 40% di Barbera, Sangiovese, Marzemino per una sfumatura luminosissima di rosa. Qui, nel 2013, è proprio divertente sentire una brezza marina che spira attraverso la pineta e porta una scorta di aromi balsamici. Tutto è molto lieve, certo, delicato ma proprio ben equilibrato, messo lì a puntino. Il sapido dei terreni, la nota accennato dell’eucalipto, il fruttino rosso molto croccante… Bello e buono!

CHIARETTO LA MOGLIE UBRIACA 2012
Più che un cronologico passo indietro è un cronologico gradino in basso: proprio nel senso che si scende più in profondità. Il fruttino è più maturo, il sorso è più rotondo. La sapidità di base resta sempre presente ed elegante, con un tono più rosso: ciliegia piuttosto che ribes. Il naso segue questo andamento più adulto e non è più la brezza tra gli alberi, quanto l’aria più calma del lago, con profumi più concentrati e già invitanti al desco più che all’aperitivo.

GROPPELLO LA BOTTE PIENA 2012
Intanto, da collegarsi alla precedente etichetta, chapeau a quest’intuizione proverbiale: come potrete mai separare i due vini in questione, nella vostra cantina?
Siamo qui di fronte a questo emblema della zona lombarda del Benaco: ma quanto mai sconosciuto! Credo proprio sia uno di quei vitigni, il signor Groppello, da conoscersi nel bicchiere prim’ancora che sui testi e sulle guide. Perchè non ti viene di andare a cercarlo, di fianco a nomi blasonati e un po’ gridati, in giro per l’Italia; il che sarebbe proprio un bell’errore, perchè ha un suo caratterino particolarissimo e invitante.
Qui abbiamo cinque giorni di macerazione, contro le poche ore del Chiaretto, e una composizione così elaborata: Groppello 85%, Barbera, Sangiovese e Marzemino 15%. Il che permette, racconta Giacomo, di preservare tutta quella bella carica aromatica del Groppello, ma di contenerlo un pochino nella sua esuberanza, specie tannica, attraverso quegli altri vitigni più adulti. Una verve briosa di pepe e di spezie fresche. Sia al naso che al palato offre le note amare del cacao e in bocca un certo tannino asciugante che si presta bene al piatto di lago in guazzetto.

GROPPELLO LA BOTTE PIENA 2011
Scenario diverso, con un attore che rimane in palcoscenico: il pepe. Ma la spezia è più ovattata, più lieve il suo sentore, avvolta come in un panno leggero di velluto. Il tannino è più morbido ed equilibrato. Ha un che di mediterraneo, questo vino, quasi a tornare deciso sul paragone tra il mare e il Garda: una bella sensazione di calore e una nota evidente di succo di frutto scuro, un sapore concentrato.

ROSSO SUPERIORE ESTATE DI S. MARTINO 2007
Che bel color granato, inclinando questo bicchiere! Direi che tendiamo proprio alla serietà, ormai! Dentro questo nuovo assaggio abbiamo questa nuova composizione: Groppello 50%, Barbera, Sangiovese e Marzemino 50%. L’insieme di uve classico della Valtenesi per produrre un rosso con tanto di passaggio in botte. Molto interessante, perché esprime un insieme di aromi ampio e bilanciatissimo. Il frutto è ormai maturo, rosso scuro o viola: la prugna, la mora; c’è ancora, sempre presente, la spezia, che si fa piuttosto potente: il pepe si fonde alle erbe officinali, in un bel girdino assolato. L’assaggio ha come sfondo una bellissima dolcezza da agrume maturo, l’arancia rossa. Considerando che fuori delle vetrate c’è davvero il mare, mi lascio trasportare col pensiero fino al mediterraneo francese per ritrovarne un’idea in questo vino un po’ di collina, un po’ di lago.

PREDEFITTE 2008
Approdiamo, infine, alla rarità piuttosto particolare. Un vino composto da un incrocio inconsueto: il Merlote il Teroldego che vanno a dare vita, nel corso degli anni ’30, al Rebo. Un vitigno assolutamente locale e di interessante approccio. Una struttura più importante rispetto al Groppello, una polpa molto ricca e tannini dolci. Quest’ultima sensazione è inequivocabile nel bicchiere, una nota come di spolverata di zucchero a velo emerge tonica al naso. Le lunghe macerazioni, sull’ordine dei quindici, venti giorni, ne fanno un vino più fondo al colore, più intenso al palato. Leggera la speziatura che, comunque, emerge insieme al sentore agrumato: il dolce della polpa e l’amaro della scorza che si fonde ad una profonda vena ferrosa, una punta ematica di ruggine. Sul finire, il cacao.


FRANCESCO GUCCIONE

Mi sposto poi rapido attraverso tutta l’Italia. Con una specifica richiesta sulle spalle e mosso, sempre e comunque, da non poca curiosità, approdo sulle rive di Francesco Guccione, mastro di vigna e di cantina in quel triangolo assolato che è la Sicilia.
Ripropongo qui i rapidi cenni del mio taccuino: era, purtroppo, già tarda l’ora e la chiacchierata si è dovuta rimandare. Testimoni, però, di essermi presentato al banco. E gli assaggi sono stati strepitosi! Gli alcol, nella media rimangono piuttosto bassi, sui 12.5/13 gradi: sono tutta struttura ed estratto quelli che fanno il vino.

TREBBIANO T 2012
Praticamente un Trebbiano autoctono, testimoniato in contrada Cerasa fin dal 1400.
Morbidissimo e quasi vagamente zuccherino nel finale: mi aspettavo un pugno roccioso e assaggio invece un petalo delicato.

CATARRATTO C 2012
Naso con pronunciata anima minerale. Bocca di fiore giallo, sabbia calda. Retronasale di scorza di agrume amaro. Praticamente un omaggio all’isola che lo produce!

ROSSO DI CERASA B 2012
Nerello Mascalesee Perricone: uno strano connubio che assume una veste tutta tradizionale in famiglia Guccione.
Un naso quasi vanigliato, morbido, di tendenza aerea; ricorda le piante giovani, le foglie e i rami flessuosi. Come fosse stato vinificato all’aria fresca di montagna, all’aperto. Si fonde molto bene la nota di dolcezza dell’arancia rossa insieme alla verve della sua scorza. E in fondo, all’antipode di quell’aria respirata in partenza, si rimettono i piedi a terra per trovare il frutto bruno, la radice, la terra, appena un accenno di liquirizia.

PERRICONE P 2012
Naso smaccato di arancia sanguinella. Tannino piuttosto pronunciato, ma sempre equilibrato. Una assoluta idea di maturità, in questo ragazzino di soli due anni!

NERELLO MASCALESE NM 2012
Un naso tutto sfumato di scarlatto e smeraldo. Frutto rosso e una nota vegetale appena accennata, di foglia verde. L’agrume qui si fa più dolce e lascia immaginare il mandarino. Un grip da frenata secca sull’asfalto nuovo, invece, alla bocca: pronto per piatti estremamente succulenti, con un tannino davvero deciso ma straordinariamente non invasivo, che sembra anzi quasi dolce di zucchero caramellato.