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Verticale Brunello di Montalcino – L’Aietta

DOVE / COME / QUANDO

SOMMELIER SOCIAL CLUB
NERVIANO
Piazza Crivelli 1
Martedi 5 Marzo
ore 21.00
Ingresso € 55,00

Perché partecipare?

Serata-evento dedicata alla degustazione di uno dei vini più rappresentativi del panorama italiano: Brunello di Montalcino.
Una verticale presentata e raccontata da Francesco Mulinari, produttore e proprietario della più piccola azienda di questa denominazione: L’Aietta.

Appuntamento imperdibile!

LA DEGUSTAZIONE
ANNATE IN DEGUSTAZIONE
2014 – 2009 – 2007 – 2007 RISERVA – 2004



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    La Merla Bianca

    DOVE / COME / QUANDO

    SOMMELIER SOCIAL CLUB
    NERVIANO
    Piazza Crivelli 1
    Mercoledi 7 Novembre
    ore 21.00
    Ingresso € 40,00

    Perché partecipare?

    Un omaggio alla figura di Stefano Bellotti, pioniere del biologico in Italia e fermo sostenitore dell’importanza della natura sulla tecnologia.

    Il vino simbolo di Cascina degli Ulivi, l’azienda che ha fondato a Novi Ligure, presentato nelle espressioni di quattro vendemmie differenti: una degustazione che non potrà lasciare indifferenti.

    5 vini in degustazione: 4 annate di La Merla Bianca + 1 sorpresa incredibile!

    LA DEGUSTAZIONE
    DOC Monferrato Bianco LA MERLA BIANCA 2012
    DOC Monferrato Bianco LA MERLA BIANCA 2007
    DOC Monferrato Bianco LA MERLA BIANCA 2006
    DOC Monferrato Bianco LA MERLA BIANCA 2004
    Vino Rosso ETOILE DU RAISIN 2007



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      Campo del Guardiano, una verticale

      La verticale di 6 annate del Campo del Guardiano, dell’Azienda Palazzone, Orvieto, in degustazione al Sommelier Social Club.

      20180927_Campo del Guardiano_2009
      Verticale Orvieto Classico Superiore DOC “Campo del Guardiano”, Azienda Palazzone, Orvieto, Umbria. Evento degustazione sei annate – Sommelier Social Club, Nerviano, Milano

      Denominazione: DOC Orvieto Classico Superiore

      Vitigni: Procanico 50%, Grechetto 30%, Verdello, Drupeggio, Malvasia 20%

      Vigneto: Campo del Guardiano

      Suolo: Argilloso, da origine sedimentaria. Collinare, altitudine 260 m.s.l.m. Esposizione Est-Nord Est

      Rese: 80 quintali uva / ettaro

      Vinificazione: Pressatura soffice delle uve intere. Fermentazione a temperatura costante, 20° C, per circa 20 giorni, in acciaio inox

      Affinamento: 18 mesi in bottiglie coricate in grotta di tufo

      Produzione annua: fino a 10.000 bottiglie, a seconda dell’annata

      Prima annata prodotta: 1989

      20180927_Campo del Guardiano_dorato
      Verticale Orvieto Classico Superiore DOC “Campo del Guardiano”, Azienda Palazzone, Orvieto, Umbria. Evento degustazione sei annate – Sommelier Social Club, Nerviano, Milano

      La famiglia Dubini acquista il podere Palazzone alla fine degli anni Sessanta. La produzione di vino è indirizzata al solo consumo domestico. Gli anni Ottanta rappresentano il cambiamento dell’azienda: Giovanni e Lodovico Dubini avviano piccole vinificazioni e imbottigliamenti per acquisire la necessaria esperienza. Il 1988 è l’anno della svolta completa: costruzione della nuova cantina, con vinificazione completa di tutta la produzione e commercializzazione dei propri vini. Oggi le bottiglie prodotte sono circa 150.000 all’anno.

      L’Azienda Palazzone punta molto sulla tradizione del vino DOC Orvieto, cui dedica diverse etichette. Il lavoro è centrato su una vera e propria rieducazione qualitativa per valorizzare questo bianco storico, cercando di portarlo a rappresentare una sorta di profilo caratteristico dell’Italia Centrale. Il Campo del Guardiano nasce dal miglior appezzamento aziendale e rappresenta una magnifica espressione di Orvieto Classico: la complessità degli aromi e la freschezza del frutto restano intatti con il passare degli anni, dimostrando la sua sorprendente attitudine evolutiva.

      20180927_Campo del Guardiano_tufo
      Verticale Orvieto Classico Superiore DOC “Campo del Guardiano”, Azienda Palazzone, Orvieto, Umbria. Evento degustazione sei annate – Sommelier Social Club, Nerviano, Milano

      Le annate in degustazione:

      2013. L’attacco della serata è chiuso. Poi, sensazioni citrine, floreale giallo e idea di una dolcezza da crema. I profumi arrivano poi fino alle note di salamoia, oliva e una grattugiata di liquirizia. L’assaggio offre una carica sapida enorme, equilibrata da una grande morbidezza su note di pasticceria.

      2012. Profumi che mandano subito la mente alla sabbia calda e ricordano una bella nota di vegetale fresco, erba verde. La bocca è calda, dritta, praticamente salina e molto affilata. Gran finale amaricante, sul ricordo di caramelle di rabarbaro.

      2011. Un naso delicato, nel confronto coi due precedenti: quasi una spolverata di zucchero a velo e una raccolta di fiori gialli. Equivalente, una sapidità più controllata, in bocca, ma con una verve di freschezza e un retronasale esotico, da succo di passion fruit.

      2010. Anche questa annate parte un po’ ritrosa. Si apre poi sulle scorze d’agrumi, sul mandarino. Ricordo di sabbia calda anche qui e, in fondo, un accenno di balsamico. L’assaggio è davvero composto, ricco e glicerico, con bellisimo richiamo d’agrume dolce.

      2009. Il meno “violento” della batteria: fiori e frutta, in luogo del sale e del minerale. L’accenno è esotico, richiami di ananas. La bocca è quasi aromatica, fruttata di esotico e di polpa bianca. Floreale e macchia mediterranea. Finale, adesso sì, imperniato sulla sapidità, che asciuga e allunga la persistenza.

      2004. Fuori categoria. Un primo naso parla di salmastro, di conchiglie e di scogli. Poi arrivano le erbe secche, le radici e uno spunto ossidativo. Col tempo, infine, approderemo addirittura a richiami speziati di zafferano. La bocca pare quasi in antitesi: benché non manchi la vena sapida e un’ottima freschezza, emergono gustose le sensazioni burrose, i ricordi di una pasticceria da forno della nonna.

      L’impressione iniziale, emersa appena versato il vino nei calici, parlava di una escalation di mineralità man mano che si procedeva dalle annate più giovani alle più datate. La sensazione di densità risultava, invece, mediamente alta: tutti i vini presentavano una grande struttura, una sensazione glicerica piuttosto accentuata. Una curiosità quasi spiazzante: tutti le bottiglie riportavano una gradazione alcolica pari a 13,5%, comun denominatore perfetto!

      Stay tuned!

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      Verticale “Campo del Guardiano”

      DOVE / COME / QUANDO

      SOMMELIER SOCIAL CLUB
      NERVIANO
      Piazza Crivelli 1
      Giovedi 27 Settembre
      ore 21.00
      Ingresso € 40,00

      Perché partecipare?

      L’azienda Palazzone si affaccia su Orvieto e fa dell’Orvieto Classico il suo fiore all’occhiello! Campo del Guardiano è un gioiello: nato dal migliore appezzamento vitato, riposa per quasi due anni in bottiglie coricate nella grotta di tufo scavata sotto il bosco di castagno. Ottenuto da un insieme di vitigni autoctoni: Procanico, Grechetto, Verdello, Drupeggio, Malvasia.

      LA VERTICALE

      Orvieto Classico Superiore CAMPO DEL GUARDIANO, 2013

      Orvieto Classico Superiore CAMPO DEL GUARDIANO, 2012

      Orvieto Classico Superiore CAMPO DEL GUARDIANO, 2011

      Orvieto Classico Superiore CAMPO DEL GUARDIANO, 2010

      Orvieto Classico Superiore CAMPO DEL GUARDIANO, 2009

      Orvieto Classico Superiore CAMPO DEL GUARDIANO, 2004


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        Coulée de Serrant: la verticale

        LA VERTICALE COULÉE DE SERRANT

        AOC Savennieres-Coulée de Serrant

        2013 / 2012 / 2011 / 2010 / 2001 / 1997

        Possiamo riscontrare fondamentalmente due tipi di annate per lo Chenin Blanc, alla Coulée: l’annata dominata dalla lucee l’annata dominata dal calore.

        L’annata dominata dalla luce dà vita ad un vino molto strutturato, molto femminile, dal carattere decisamente introspettivo: 2013/ 2001.

        L’annata dominata dal calore genera un vino molto estroverso, potente, di carattere mascolino: 1997/ 2012.

        Le vendemmie 2011 e 2010 rappresentano una situazione equilibrata tra questi estremi.

        La muffa nobile che ha attaccato per qualche giorno i grappoli delle vendemmie 2010 e 2001, si è resa responsabile di una certa ossidazione delle uve: questa caratteristica dona al vino un rilievo supplementare, alcune volte incompreso.

        Al termine di ogni vendemmia si procede alla vinificazione delle rispettive selezioni, che saranno accorpate solo al termine delle fermentazioni.

        Il lavoro in cantina prevede semplicemente il controllo settimanale della volatile, senza nessun altro intervento. La fermentazione prosegue per almeno 3 mesi, senza nessun controllo di temperatura: “la fermentazione è una febbre, quindi qualche giorno di temperatura sopra i 25°C non è mai un problema!

        L’imbottigliamento prevede un minimo utilizzo di zolfo di origine vulcanica: del resto, lo zolfo non può essere qualcosa di nocivo, se di origine naturale e, per di più, in piccolissime dosi!


        La degustazione prende avvio sui toni un po’ mistici del rispetto e del timore: certo non capita nel quotidiano di avere a che fare con sei annate di uno dei migliori vini di Francia – e di riflesso, del mondo. I calici son riempiti, gli occhi ci si abbeverano ancor prima delle labbra: non una sfumatura tende a cedere ad un qualsivoglia comun denominatore cromatico, ogni vendemmia è un colore a sé, un vino a sé. L’olfatto, poi, non può esser di nessun altro aiuto nel tentativo di uniformare: ogni vendemmia è un corredo di profumi a sé, un vino a sé. E se ne porterà avanti la differenza per tutta la serata, finché ogni bicchiere non sarà vuoto e, ancora, non avrà comunque smesso di parlare. Il palato è poi l’estremo tentativo di dar traduzione in senso tangibile ad una creazione di puro terroir: la matrice del suolo, elemento sì ravvisabile in sottotraccia attraverso i sei calici, interpretata con liriche originali da ogni annata in maniera personalissima.

        2013

        La via è chiusa. Il calice è muto, indifferente agli umani desideri di scoperta e godimento.

        Ma quanto vivo, dopo incalcolabili rotazioni del liquido! Sotto quella calma insensibile si avverte la tensione vitale del minerale, dell’agrume, del fiore quasi di camomilla. Bocca, invece, da cannone: polposa, calda, una sensazione alcolica quasi da vermouth.

        Non è un caso se le indicazioni di Nicolas Joly indicavano in 4 giorni il tempo di apertura prima della degustazione…

        2012

        Un approccio soave, un afflato botritizzato molto delicato con richiami intensi di iodio.

        La bocca è subito avvolta dalla dolcezza, ma repentina incombe la bordata di sale e acidità: un boato di toni minerali e di calore che si affievolisce spedito e via via si fa sempre più sottile in un finissimo e interminabile allungo verso chiusure sfumate di frutta a polpa gialla.

        Col tempo… la scorza d’arancia, il candito, il distillato del Cointreau. Forse anche un che di petali di rosa. Si concede certa dolcezza ulteriore nel finale.

        2011

        Primo acchito netto di lattico e caffè, una crema da bar.

        L’assaggio è immediato e drittissimo, una lama di acidità che si sfuma eccezionalmente nel carattere tostato dei beaux amersdella polvere di caffè. Il sorso chiude su di una sorprendente sensazione di nocciola.

        Col tempo… ancora, ancora sale! La mineralità estrema e quel caffè, quella nocciola spalmati in giro come tessere esplose…

        2010

        Il naso indugia sul calice mentre la mente richiama quell’indicazione del produttore: botrytis… Ma l’olfatto è quasi più ossidativo che muffato: da ricondursi, allora, a quella maturazione impeccabile delle uve, tanto ricercata da Joly? E’ qui il discrimine tra l’ossidazione dell’acino in vigna e l’ossidazione del vino in cantina?

        Il calore del sorso si avverte soltanto alla gola, mentre la bocca è pacata, accarezzata da un alcol da meditazione, da cognac, da spiriti di uva: dolcezze da panettone in alambicco.

        Col tempo… il naso si attesta al passito, con la polpa gialla in vista, ma ben amalgamata alla costante acidità. Poi, subito dopo, è ancora un’altra cosa, con termini più iodati in primo piano…

        2001

        Vaghe ombre di similitudine con il calice precedente, questo naso virato su tendenze ossidative, ma con un fondo già di frutta passita, di uvetta.

        Lo speziato emerge, la liquirizia e l’anice, una sfumatura orticola di salsina di pomodoro. Altra carica di spezie alla bocca, con lo zafferano anzitutto e morbidezza del burro e leggera sapidità unita ad una vena secca da Marsala vecchio. Spiazza il finale un po’ corto, ma che si traduce, in realtà, con l’assottigliamento progressivo di un sorso iniziato un po’ grasso e untuoso, quasi, verso un’uscita nettamente salina.

        1997

        Vent’anni e non sentirli…

        Naso suadente. Anice, agrume candito, spunto lattico che quasi tende al sudore.

        Bocca zuccherina e pepata insieme, la sensazione stupefacente di un distillato di spezie. Il calore alcolico è compostissimo, amalgamato nella bellissima rotondità del caramello e dell’uva stramatura.

        Col tempo… emerge chiara la nota di caffè, meraviglioso decoro di quella nota lattica ancora avvertibile. Infinito nella sua complessa eleganza.

         

        Quanto a parlare di una classifica o anche solo di preferenze è cosa assai dura. Ogni calice cangiante nei tempi di una rotazione, non permette affatto di stabilire priorità di sorta: un attimo si decide una sequenza, ma all’assaggio successivo tutto è stravolto e ricostruito.

        Ho ammirato la straordinaria e cesellatissima architettura di un 1997, inafferrabile, quanto apprezzato la ritrosia e l’introspezione di un 2013 che denota potenza dietro un portone socchiuso. Ho stimato la spacconeria da hidalgo spagnolo di un 2011, signore del caffè e delle vie del sale, quanto mi sono innamorato dell’afflato dolce ed equilibrato di un 2012, chef di pasticceria. Ho contemplato gli sprazzi infinitesimi di somiglianza di un 2010 e un 2001, legati da una molecola d’ossigeno, ma separati da galassie di dolcezze di frutta e di sapidità di spezie…


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        Nicolas Joly e la Coulée de Serrant

        Chemin de la Roche aux Moines, Savennières, Valle della Loira, Francia.

        Un indirizzo ben presente sulla rubrica di ogni appassionato di vini francesi. Di vini in generale… di vini veri. Siamo praticamente sopra il grande fiume, poco a sud ovest di Angers, guardando verso Nantes e l’Oceano Atlantico, dove sfociano le acque e dove anche s’infrange l’ultima denominazione della Loira, il Muscadet.

        Il vigneto della Coulée de Serrant è stato impiantato dai monaci Cistercensi nel corso del XII secolo [1130] ed è sempre stato coltivato come vigna: il millesimo 2013, dunque, rappresenta la 883esima vendemmia consecutiva. Il piccolo monastero, che fa ancora parte della proprietà, è stato classificato monumento storico.

        Qualche centinaio di metri più in là, invece, adiacenti alle vigne si possono osservare le rovine dell’antica fortezza Roche aux Moines, che difendeva il tratto della Loira e dove il figlio di Filippo II Augusto, il futuro Luigi VIII sconfisse gli inglesi di Giovanni Senza Terra, figlio del Cuor di Leone: correva l’anno 1214…

        In questi luoghi carichi di storia si possono rinvenire un po’ dappertutto le vestigia di un lontano passato celtico, romano e carolingio.

        Clos de la Coulée de Serrant costituisce una denominazione controllata essa stessa, monopolio di proprietà della famiglia Nicolas Joly, estesa su una superficie di 7 ettari.

        Posizionate su pendii molto ripidi dominanti la Loira, le vigne sono impiantate a Chenin Blanche hanno un’età media che varia tra i 35 e i 40 anni. Le più vecchie datano anche a 80 anni fa e forniscono il materiale per poter ottenere nuovi piedi di vite, conservatori dell’originalità del luogo. Il vigneto è coltivato a mano o con l’uso del cavallo e consente una resa di 20/25 ettolitri per ettaro, laddove sarebbe consentito arrivare a 40 hl/ha.

        Il suolo è molto spesso, tra i 20 e i 40 centimetri in media e insiste sopra un fondo di scisto rosso, obliquo e quindi perfettamente drenante. L’esposizione delle piante è Sud/Sud Est.

        La vendemmia – meglio sarebbe dire le vendemmie –  si effettuano in tre o fino a cinque passaggi, in un periodo dalle tre alle cinque settimane, in modo da ottenere la maturità più intensa possibile e gli acini più intaccati dalla botrytis. Le viti impiantate – fatto essenziale – non sono cloni, ma frutto di una selezione massale: la fioritura si verifica, quindi, naturalmente nell’arco di più settimane.

        Secondo Joly, lo Chenin e il Riesling sono i due vitigni che si rivelano appieno se vendemmiati dopo la comparsa di muffa nobile, un elemento che non si presenta in ugual misura tutti gli anni. Maturando, gli acini passano dal verde chiaro al giallo, poi al giallo scuro e quindi si coprono di Botrytis Cinerea. Il vino che ne risulta sarà giallo oro, perfino con riflessi bruni: un colore divenuto oggigiorno raro nei vini bianchi e che non dovrà essere confuso con l’ossidazione. Il raggiungimento di questo stadio di maturità rappresenta una perdita importante di rendimento, ma al tempo stesso consente una concentrazione capace di far risaltare la mineralità del luogo, nelle sue componenti di scisto, quarzoe silex.

        Soltanto una agricoltura sana, che sia biologica o biodinamica, consente di attendere una maturazione così avanzata senza rischio di compromettere il gusto delle uve. Uve con lo stesso grado di maturità, nel medesimo luogo, nel giro di una settimana producono sapori differenti: una raccolta più precoce permetterebbe di avere sensazioni improntate alla freschezza, aromi di frutta che si ottengono molto facilmente e che, quindi, non sono rappresentativi di una denominazione. La complessità si ottiene solo con una maturità piena.

        La totalità del vigneto risulta in regime biodinamico dal 1984, dopo quattro anni di conversione. Nessun prodotto chimico di sintesi viene più utilizzato da quella data: acaricidi, pesticidi, diserbanti, nitrati, trattamenti sistemici… Un minimo di zolfo e di poltiglia bordolese [rame e calce] vengono utilizzati ogni anno, nella misura di 10/15 kg/ettaro all’anno: il rame, però, è limitato a 2 o 3 kg massimo, perché responsabile di un rallentamento della vita del suolo. Tutti i terreni sono inerbiti.

        La vinificazione avviene in botti da 500 litri, di cui mai più del 5% rappresentato da legno nuovo. La fermentazione prosegue per svariati mesi. La produzione si attesta mediamente intorno alle 20000/25000 bottiglie annue.