Serata conclusiva della International Summer School 2018, al TeatroVolta di Pavia…e il Sommelier Social Club non poteva mancare, per mescere i vini con cui festeggiare e far finalmente rilassare i protagonisti dell’intensa settimana! Proiezione dei due film vincitori dell’Ex|Art Film Festival: “Eclissesenzacielo” di Carlo Michele Scrinzi, per la categoria Luciano Emmer; “October is over” di Karen Akerman e Miguel Saabra Lopes, per la categoria EXtremi. Poi, è subito tempo di festeggiare: a questo giro, con le splendide creazioni di Mirco Mariotti – I Vini delle Sabbie! E il rinfresco man mano si trasforma in un party scatenato!
Serve un brindisi di commiato? Eccoci pronti: Abbatia 2016, Metodo Classico da uve Fortana: uno splendido esempio di Blanc de Noirs nostrano, con un colore carico di aspettative, da lasciare ammirati tutti i degustatori. La direttrice del Self MediaLab,Federica Villa, alza il calice a ringraziare tutti i protagonisti della kermesse, in primis il direttore del festival, il documentarista Filippo Ticozzi.
Insomma non è più vero che sia il Gewurtztraminer il vino simbolo delle ragazze… Maléstar, dallo sconosciuto vitigno Montuni, ha spopolato nel corso della serata, soprattutto tra il pubblico femminile! Un vino decisamente non banale, d’approccio non immediato, di beva non spontanea… ma di carattere d’oro, come il suo colore. Che ha colpito in modo particolare, se penso che tutti tornavano a chiedere un calice di “quel vino ambrato”! Serve un brindisi di commiato? Eccoci pronti: Abbatia 2016, Metodo Classico da uve Fortana: uno splendido esempio di Blanc de Noirs nostrano, con un colore carico di aspettative, da lasciare ammirati tutti i degustatori. La direttrice del Self MediaLab,Federica Villa, alza il calice a ringraziare tutti i protagonisti della kermesse, in primis il direttore del festival, il documentarista Filippo Ticozzi.
Non so quanti dei presenti abbiano colto l’estrema particolarità del Duna della Puja: Fortana in purezza vinificata e affinata alla Borgognona, in legno piccolo, contro la consuetudine che la vuole frizzante e di vena ruspante, simil Lambrusco… Sta di fatto che il “rosso fermo” è risultato apprezzatissimo, con alcuni ospiti che non hanno bevuto altro, a ciclo continuo!
Suolo: Argilloso, da origine sedimentaria. Collinare, altitudine 260 m.s.l.m. Esposizione Est-Nord Est
Rese: 80 quintali uva / ettaro
Vinificazione: Pressatura soffice delle uve intere. Fermentazione a temperatura costante, 20° C, per circa 20 giorni, in acciaio inox
Affinamento: 18 mesi in bottiglie coricate in grotta di tufo
Produzione annua: fino a 10.000 bottiglie, a seconda dell’annata
Prima annata prodotta: 1989
La famiglia Dubini acquista il podere Palazzone alla fine degli anni Sessanta. La produzione di vino è indirizzata al solo consumo domestico. Gli anni Ottanta rappresentano il cambiamento dell’azienda: Giovanni e Lodovico Dubini avviano piccole vinificazioni e imbottigliamenti per acquisire la necessaria esperienza. Il 1988 è l’anno della svolta completa: costruzione della nuova cantina, con vinificazione completa di tutta la produzione e commercializzazione dei propri vini. Oggi le bottiglie prodotte sono circa 150.000 all’anno.
L’Azienda Palazzone punta molto sulla tradizione del vino DOCOrvieto, cui dedica diverse etichette. Il lavoro è centrato su una vera e propria rieducazione qualitativa per valorizzare questo bianco storico, cercando di portarlo a rappresentare una sorta di profilo caratteristico dell’Italia Centrale. Il Campo del Guardiano nasce dal miglior appezzamento aziendale e rappresenta una magnifica espressione di Orvieto Classico: la complessità degli aromi e la freschezza del frutto restano intatti con il passare degli anni, dimostrando la sua sorprendente attitudine evolutiva.
Le annate in degustazione:
2013. L’attacco della serata è chiuso. Poi, sensazioni citrine, floreale giallo e idea di una dolcezza da crema. I profumi arrivano poi fino alle note di salamoia, oliva e una grattugiata di liquirizia. L’assaggio offre una carica sapida enorme, equilibrata da una grande morbidezza su note di pasticceria.
2012. Profumi che mandano subito la mente alla sabbia calda e ricordano una bella nota di vegetale fresco, erba verde. La bocca è calda, dritta, praticamente salina e molto affilata. Gran finale amaricante, sul ricordo di caramelle di rabarbaro.
2011. Un naso delicato, nel confronto coi due precedenti: quasi una spolverata di zucchero a velo e una raccolta di fiori gialli. Equivalente, una sapidità più controllata, in bocca, ma con una verve di freschezza e un retronasale esotico, da succo di passion fruit.
2010. Anche questa annate parte un po’ ritrosa. Si apre poi sulle scorze d’agrumi, sul mandarino. Ricordo di sabbia calda anche qui e, in fondo, un accenno di balsamico. L’assaggio è davvero composto, ricco e glicerico, con bellisimo richiamo d’agrume dolce.
2009. Il meno “violento” della batteria: fiori e frutta, in luogo del sale e del minerale. L’accenno è esotico, richiami di ananas. La bocca è quasi aromatica, fruttata di esotico e di polpa bianca. Floreale e macchia mediterranea. Finale, adesso sì, imperniato sulla sapidità, che asciuga e allunga la persistenza.
2004. Fuori categoria. Un primo naso parla di salmastro, di conchiglie e di scogli. Poi arrivano le erbe secche, le radici e uno spunto ossidativo. Col tempo, infine, approderemo addirittura a richiami speziati di zafferano. La bocca pare quasi in antitesi: benché non manchi la vena sapida e un’ottima freschezza, emergono gustose le sensazioni burrose, i ricordi di una pasticceria da forno della nonna.
L’impressione iniziale, emersa appena versato il vino nei calici, parlava di una escalation di mineralità man mano che si procedeva dalle annate più giovani alle più datate. La sensazione di densità risultava, invece, mediamente alta: tutti i vini presentavano una grande struttura, una sensazione glicerica piuttosto accentuata. Una curiosità quasi spiazzante: tutti le bottiglie riportavano una gradazione alcolica pari a 13,5%, comun denominatore perfetto!
Insomma, il Sommelier Social Club non si fa proprio mancare nulla: anche quando si parla di cultura, di cinema e di arti visive, ecco che noi ci siamo! La trasferta pavese ha rappresentato una entusiasmante immersione nell’ambito di uno degli importanti eventi organizzati da una delle più antiche Università italiane. L’occasione ideale per brindare con una selezione d’eccezione, direttamente dalla cantina di Paolo Ghislandi, Cascina I Carpini!
“La seconda edizione dell’International Summer School di Ateneo La cura della memoria (2018) sarà dedicata al racconto dell’esperienza artistica contemporanea e favorirà il confronto tra studiosi e artisti nella ricerca di nuove politiche e forme di sensibilità della documentazione per immagini, lavorando sull’interazione tra la complessità delle esperienze artistiche contemporanee e le pratiche di conservazione per la memoria culturale. Il progetto è parte del Piano d’Eccellenza 2018-2022 del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Pavia ed è realizzato in partnership con l’Université Sorbonne Nouvelle Paris 3, la Yale University e la Galerie Jocelyn Wolff e con il patrocinio della Consulta Universitaria del Cinema e dell’Assessorato alla Cultura, Istruzione e Politiche Giovanili del Comune di Pavia.”
Serata ricca di ospiti, con un gran numero di partecipanti a movimentare il foyer del TeatroVolta. L’oro del Rugiadadel Mattino risplendeva di tutta la complessità dell’uva Timorasso e la Barbera I Carpini impreziosiva del suo rubino e scaldava i calici con la sua morbidezza. L’allegrezza delle bollicine di Chiaror sul Masso apriva le danze, con il brindisi della professoressa Federica Villa e il direttore artistico dell’Ex|Art Film Festival, il documentarista Filippo Ticozzi.
Mi concederete la citazione di un momento particolarmente emozionante: servire un calice di vino al monumentale cineasta Yervant Gianikian, ospite d’eccezione della serata… Architetto italiane di origini armene, è un importante e instancabile ricercatore di fotografie in bianco e nero e pellicole abbandonate, pioniere e protagonista della storia dell’immagine.
Una regione di confine che ha saputo scrivere la storia. Anche quella del vino, certo! Verdicchio su tutti, le Marche regalano un panorama mozzafiato di vitigni autoctoni assolutamente entusiasmanti: Lacrima, Passerina, Pecorino, VernacciaNera… Insieme ai grandi classici dell’Appennino, quali Trebbiano, Sangiovese e Montepulciano, questa sera abbiamo dipinto un quadro di sicuro interesse e degna curiosità: calici che hanno portato le sensazioni più disparate, degustazioni che hanno acceso dibattiti, confronti e scambi di idee. Insomma, decisamente una di quelle serate che vanno famose sotto l’insegna Sommelier Social Club!
Il ritorno alle radici con l’idea di costruire una vita migliore… Terre Silvate è sicuramente un vino figlio di questa idea. Un allungo incredibile sulla freschezza e sulla sapidità, le note di macerazione iniziale che lasciano il campo alle scorze d’agrumi, una struttura che lavora dietro le quinte ad equilibrare il tutto… Spaziale e da conservare!
Bianchello solo di nome, che di fatto è un orange fatto e finito! 28 giorni di macerazione sulle bucce, fratello tranquillo del movimentato rifermentato in bottiglia… Smalto è la parola d’ordine, sensazioni di volatile che si amalgamano ad una struttura intensa, aromi velati di frutto macerato. Sapidità e acidità che sostengono il sorso. Un assaggio non immediato, certo, un calice che fa dibattere: l’idea di un naturale che va troppo in là e diventa un vino estremamente costruito? Ribelle sì, di nome e di fatto!
STELLA FLORA 2011, MPC. Maria Pia Castelli, Monte Urano (FM). Pecorino, Passerina, Trebbiano, Malvasia.
Uvaggio bianco marchigiano caratteristico, per uno dei vini più emblematici e “verticalizzati” di Maria Pia Castelli. Un assaggio decisamente di struttura, il 2011, opulento e grasso, con intriganti accenni lattici al naso. Tradisce forse troppo quei lunghi mesi di barrique? Una certa freschezza non gli difetta, ma pare rimanere ancorato al legno e alla possanza più che alla finezza. Comunque da provare!
Spiazzante. Praticamente un vino da dessert: caldo, potente, profondo, morbido… dolce! La sensazione di residuo zuccherino è davvero notevole. Un vino nato dal miglior appezzamento aziendale e da viti vecchie, da vendemmia tardiva e da affinamento in legno. Cuore scuro e unghia porpora, note di frutto praticamente nero e spezie e tostato. Golosissimo!
Per gli appassionati del vino, un produttore che non ha bisogno di presentazioni. E il Lacrima di Morro d’Alba che troviamo nel calice è davvero paradisiaco, vero figlio di quella vigna. Un roseto denso e profondo, una galleria floreale di petali scurissimi, un labirinto ombroso e balsamico. Un vino di struttura e finissimo, morbido e fresco, sapido e caldo: tutto quanto basta a rivelare un equilibrio universale. Definitivo.
La stessa travolgente simpatia di Franca Malavolta, in questo calice spumeggiante e la stessa complessità del suo lavoro all’interno un’isola nascosta, come l’areale di Serrapetrona. Un vino che colpisce sempre per la sua immediatezza frizzante ed esplosiva di frutti scuri di bosco e la contemporanea profondità speziata e tannica. Un sorso che si mastica, un naso che si beatifica fino al balsamico dell’incenso. Ogni volta che la incontro, la Vernaccia Nera di Serrapetrona mi sorpende e mi appaga. Immancabile!
Bonus track della serata, simpaticamente offerta dal nostro amico Domenico, il Sant’Isidoro 2014 di Maria Pia Castelli, rosato di Montepulciano e Sangiovese. Semplice nei profumi e nella struttura, quanto godibile e per nulla scontato; immediato sulla frutta rossa, quanto preciso nell’estrema freschezza e sapidità.
Riparte la stagione dei Mini-Corsi Degustazione al Sommelier Social Club!
Una full immersion in due serate per scoprire qualcosa di più sulle funamboliche rotazioni, gli smaglianti effetti cromatici, le ondeggianti consistenze, le vibranti sensazioni tattili… E, non ultime, le incredibili, innumerevoli e inarrivabili note aromatiche! Il tutto raccontato con la tipica irriverenza e il divertito disincanto dei due padroni di casa: arrivare al nocciolo del piacere del vino, sfatando falsi miti e assaggiando produzioni controcorrente. Un percorso da sempre pensato per chi parte da zero in conoscenza, ma già a 100 in quanto a curiosità!
TIMORASSO 2016, Cascina I Carpini. Paolo Ghislandi, dal suo angolo nascosto nei Colli Tortonesi, non si smentisce mai e regala ai nuovi partecipanti al corso il suo personale benvenuto nel mondo del Timorasso: freschezza, sapidità, persistenza, complessità di erbe essiccate e panorami soleggiati… un bicchiere spaziale!
ARÈMI 2016, Cantine Barbera. Marilena Barbera, da Menfi, nella Valle del Belice, spreme tutto il suo amore per la Sicilia nei vini che produce. L’oro di questo Catarratto, figlio tipico di quella terra, rifulge sapide e denso, ricco di una complessità e di una morbidezza che hanno saputo affascinare tutti i partecipanti. Goloso e ricco.
TORRETTE 2016, Grosjean. Nel paese di Quart si radica la produzione dei fratelli Grosjean: Hervé, Simon, Mathieu, Didier, Josianne. Tutta la forza e la discrezione della montagna, nel tipico vino rosso della tradizione valdostana: Petit Rouge, Vien de Nus, Cornalin, Fumin. Un calice che offre il piccolo frutto rosso e subito dopo le note tostate e terrose dei grandi da evoluzione.
BRECCE ROSSE 2011, Azienda Colleluce. La simpatia travolgente di Franca Malavolta ci aveva introdotto alla scoperta della Vernaccia Nera di Serrapetrona. Da questo angolo nascosto delle Marche andiamo a pescare questo granato prezioso, fatto di spezie e di note balsamiche, di corposità zuccherina e freschezza finissima. Un calice che non dovrebbe finire mai!
Chiusa la stagione con l’evento Vini da Spiaggia, era praticamente d’obbligo riprendere le degustazioni al Club con la serata Ciao Mare!, seconda edizione di un incontro che vuole essere svagato e rilassante, piacevole e… buono da bere!
Gli amici che si sono raccolti al Sommelier Social Club hanno potuto brindare alle vacanze appena trascorse e godersi i cinque vini proposti in degustazione, provenienti da zone di mare: Marche, Sardegna, Sicilia, Liguria e Provenza. Cinque calici decisamente caratterizzati, prove interessanti e variegate di alcuni produttori artigianali selezionati per l’occasione.
La creazione del giovanissimo Riccardo si conferma un vino di puro piacere: pulito, sapido, fresco e assolutamente espressivo del Verdicchio. Diremmo che non è più una sorpresa, ormai: già proposto in alcune altre serate ha sempre raccolto i migliori commenti. Provvedere a rimpinguare la cantina: un rifermentato ancora tutto da godere, in questo bel finale di stagione estiva!
Quando si dice “vino raro” non dobbiamo per forza correre con la fantasia a zone esotiche o extra-terrestri… Cantina Berritta è l’unico produttore del Panzale in purezza, un vitigno assolutamente sconosciuto e praticamente dimenticato, radicato nella storia e nelle tradizioni della sua zona d’origine, Dorgali. Una beva non immediata, un vino che richiede un certo tempo d’apertura e che regala, lentamente, sentori mediterranei di macchia, di erbe, di sole… Una salinità lancinante mi fa innamorare ogni volta che lo incontro!
Un vino progettato in maniera assoluta. Produzione naturale senza la minima sbavatura, che incanta, ipnotizza, affascina, sorprende… Il vitigno supremo di Sicilia in tutta la sua gloriosa nobiltà: acidità affilata, sapidità finissima, morbidezza sferica e assolutamente integrata. Dai sentori di frutti maturi, con un tocco di esotico e di agrumato, alle erbe aromatiche e alla sfumatura balsamica. Una degustazione che vira all’eleganza da subito, senza mezzi termini: applausi!
Un protagonista di lungo corso delle serate del Club, Fausto de Andreis: tutte le sue produzioni assaggiate in svariate occasioni e verticali. Questa sera ancora riusciamo a sorprenderci ed è forse questo il maggior miracolo del vino: la scoperta è infinita. Un gioiello d’oro intenso e denso, questo Vermentino 2015. Effluvi fruttati di chinotto, erbacei di officinali, terziari di idrocarburo appena appena accennato in fondo in fondo. E l’assaggio è una cadenza di tutto, ritmata su una acidità che lavora dietro le quinte a bilanciare una polpa davvero succosa, una sapidità sottile e intensa… un capolavoro.
La Francia in tutto il suo splendore marittimo, non c’è che dire! Il caratteristico e affollato blend di uve del sud, con la Grenache a primeggiare, per un calice intenso già dal colore, lontano dalle paillettes rosa shocking dei Provenza più diffusi. Dalle note classicissime di piccoli frutti rossi, ciliegia e fragole, si scende in profondità verso la macchia mediterranea, le erbe officinali, la salsedine. Un bel sorso sapido e persistente, una degna degustazione di chiusura.